Jules Bianchi e quella Ferrari numero 17 18 Luglio 2015 Beatrice Zamuner Credits: Media Center Ferrari E’ finita alle 2.45 in una notte di mezza estate. Le speranze si stavano affievolendo piano piano, solo perché il tempo stava passando. Precipitavano gocce d’acqua sulla candela della speranza, ma non centravano mai la fiamma. La scorsa notte ha vinto l’acqua con le sue gocce, e ha iniziato a sgorgare anche dai nostri occhi. Ovunque le foto di questo 25enne sorridente, inimmaginabile il suo aspetto inespressivo su un letto d’ospedale. Il mio pensiero non va solo alla famiglia di questo ragazzo d’oro, ma viaggia indietro nel tempo. Sorvola gli istanti in cui credevo mancasse poco alla visione di Jules, con un cavallino su una tuta rossa tappezzata di sponsor a me familiari, sul podio a riportare in alto quell’italianità racchiusa nel suo cognome. Speravo potesse continuare ciò che aveva iniziato Alesi, un altro francese che poneva con dolcezza e delicatezza l’accento su tutte le sillabe finali delle parole italiane che pronunciava, proprio come lui. Ma le sue ali per proseguire l’ascesa sono state brutalmente spezzate. Era destinato a salire su una Ferrari! Non era però una predestinazione in stile Red Bull, anzi, era qualcosa di estremamente spontaneo, puro, ed elaborato senza alcuna traccia di automatismo. E se lo meritava, questo pilota che ci metteva il cuore con la propria Marussia, sulla quale era salito senza versare un centesimo e tenendo alta la sua dignità di pilota sognatore. Infatti non mi è mai capitato di imbattermi in memes spiritosi che lo riguardassero: non è un caso che tutti quelli riferiti alle carenze della Marussia, non raffigurassero mai la sua vettura. Sulla sua aura aleggiava sempre il rispetto, nonostante il suo potenziale dovesse ancora emergere completamente. Non c’era nulla da eccepire sul suo operato, soprattutto il 9 luglio 2014. Cosa accadde quel giorno? Jules si calò nell’abitacolo della F14-T a Silverstone per i test stagionali. Non solo. Riuscì a segnare il miglior crono di giornata, costruendo dal nulla una delle gioie più grandi per i ferraristi. Aveva riportato la Ferrari in cima ad un tabellone, e lo aveva fatto (anche se in condizioni diverse) con un pezzo di ingegneria capace solo di relegare due campioni del mondo in quinta fila. Come è accaduto oggi, quel giorno è avvenuto un boom di condivisioni sui Social Network. Poemi ricchi di stima venivano scritti da tifosi di tutte le età, ormai affezionati a questo pilota del domani. Quello tra Bianchi e la Rossa era un matrimonio programmato; e nelle nostre menti non c’era nulla che potesse impedirlo in maniera così massiccia come l’incidente di quel piovoso 5 ottobre. Pioveva. Pioveva in Italia, pioveva in Giappone e la disperazione era riflessa nei nuvoloni grigi che sovrastavano il paddock e in contemporanea la sede di Maranello. La Ferrari 17 doveva ritornare in pista, i fans non si erano persi d’animo. Doveva tornare perché doveva succedere. Ora però l’adesivo con il 17 non si staccherà più dalla pellicola per essere applicato sul muso della macchina. E quelli già attaccati sulla Marussia rimarranno dove sono, nelle remote parti di un box, e il nostro rispetto farà in modo che la polvere non li raggiunga mai. Di solito con i “se” e con i “ma” non si fa la storia, ma la storia di Jules è un’eccezione. Gli è stato tolto ciò che era suo e di nessun altro. La Ferrari era il sogno di Jules come per la Ferrari Jules era un sogno. Il futuro in Ferrari era parte di lui.Non ce lo scorderemo mai perché come ha detto Jackie Stewart «I piloti da corsa non muoiono. I loro spiriti sono troppo forti e non se ne vanno mai.» Non tifo Ferrari, io tifo il pilota. Oggi però capisco finalmente cosa sia il cuore rosso Ferrari, che continua a battere anche se quello di Jules ha smesso. E un’ultima cosa. Jules, questa volta mi rivolgo a te personalmente, salutaci Ayrton e tutti i grandi. Tags: #CiaoJules, 2015, Jules Bianchi