GP Australia: la nuova F1 e gli schiavi dello spettacolo

Che la stagione di Formula 1 fosse iniziata lo si era chiaramente recepito: e non da venerdì scorso, quando i motori ibridi hanno iniziato a rombare, pardon, a ronzare. Infatti nelle ultime settimane i telespettatori di Sky sport, la TV a pagamento che in Italia trasmette in diretta esclusiva buona parte delle gare 2014, sono stati bombardati da spot che esortavano a sottoscrivere l’abbonamento per seguire la prima corsa in Australia. Addirittura gli spot sono andati in onda sulla Rai, rete concorrente: potere del mercato, evidentemente.
A sentir quelli di Sky, il GP di Melbourne sembrava l’evento dell’anno, e perdersi la Formula 1 2014, spettacolare come non mai, una catastrofe. Non si capisce perché nelle annate in cui Sky non detenga i diritti TV le immagini della F1 passino in secondo piano, mentre diventino uniche e irrinunciabili non appena le telecronache siano di Carlo Vanzini e compagnia.

Il tanto atteso fine settimana australiano ha finalmente avuto inizio all’alba italiana. Sabato la pole position è stata di Lewis Hamilton, domenica ha vinto Nico Rosberg, con l’altra Mercedes. Come da pronostico le Frecce d’argento hanno dominato ma, cronaca a parte, il Gran Premio d’Australia ha segnato una data storica per la F1 moderna: quella 2014 è la stagione dove vecchie soluzioni (motori turbo) e nuovi sviluppi (unità motrici elettriche con recupero di energia) si combineranno come non mai, facendo da fondamenta per tutte le competizioni motoristiche future. Non importa quale federazione, boss o capo squadra abbia voluto il cambio regolamentare 2014, è ammirevole che uno sport mondiale come la Formula 1 abbia coraggiosamente affrontato, coi fatti, le problematiche che riguardano l’automobile oggigiorno.  Le corse automobilistiche, in primo luogo la F1, sono da sempre locomotive dello sviluppo dell’automobile di serie. Per anni plafonate, da quest’anno le vetture montano sistemi che salveranno il futuro dell’automobile; piloti e costruttori avranno poi le difficoltà di sempre nello sfruttarli al meglio.

Al termine del Gran Premio ecco le prime analisi degli osservatori: la parola più usata è, come al solito, spettacolo.

Da circa un decennio è abitudine giudicare le gare di Formula 1 in termini di spettacolarità. Anche al termine della corsa australiana la nuova F1 è stata sotto processo perché avara di spettacolo. Lo studio di Sky sport ha anche messo sotto accusa certe nuove regole, non adeguate ad uno sport come la Formula 1. Il termine spettacolo però è spesso fuorviante. Lo sport professionistico non è una rappresentazione ad arte, che pretende di creare su di sé l’attenzione di qualsiasi spettatoretelespettatore, intrattenendolo per tutta la durata della kermesse. In realtà quando Vettel si infila il casco prima della partenza ha un solo scopo: essere il più veloce; così come Adrian Newey progetta una vettura affinché essa sia più efficiente possibile: in prima battuta, allora, non si tiene una corsa per divertire o sorprendere qualcuno. Sembra banale dirlo, può esser una presa di posizione asettica; ma è lo spettatore che segue le gare appassionandosi, non sono queste che devono darsi regole per esser più appetibili al grande pubblico. Quando si inverte questo rapporto, cercando lo spettacolo ad ogni costo, l’evento viene alterato; e spesso con gli artifizi gli spettatori li si perde comunque.

La Formula 1 2014 vista in Australia ha mostrato le difficoltà che progettisti e piloti hanno dunque incontrato e continueranno ad incontrare nel prosieguo del campionato. Domenica si sono classificate 13 delle 22 vetture e per tutto il fine settimana i vari Raikkonen, Vettel, Grosjean hanno letteralmente lottato a colpi di sterzo con le proprie monoposto, a causa della minore stabilità di queste F1 ancora da svezzare. La cornice di pubblico è stata come al solito coinvolgente, particolarmente interessata alle gesta del pilota di casa, Ricciardo. Ovviamente la nuova realtà è complessa, per i piloti e per i tecnici ma naturalmente anche per gli spettatori, i quali più sono a conoscenza delle regole della disciplina più avranno elementi in mano per apprezzare al meglio ciò che avviene sul campo di gara. Lo spettatore non ha bisogno di essere suggestionato da spot che promettono ciò che poi non si potrà verificare; i commentatori, anziché alzare i toni di una sterile e inarrestabile telecronaca, aiuterebbero la Formula 1 tratteggiando le personalità di coloro che animano questo sport, descrivendolo senza esagerazioni.

E invece c’è chi pretende che le gare siano prima di tutto eventi spettacolari, da tutti in piedi sul divano, facilmente accessibile a qualsiasi genere di spettatore. E’ chiaro che più uno sport si complica più corra il rischio di divenire elitario. E poi, ad ogni aggiornamento tecnico, saltano fuori i nostalgici, altri nemici di questo sport, come gli spacciatori di spettacolo.
Ostaggi di una determinata epoca, essi leggono la Formula 1 di oggi con le lenti dell’epoca che maggiormente gli ha coinvolti (che spesso coincide guarda caso col periodo della giovinezza). Così come gli ex giocatori passano oggi rapidamente al ruolo di allenatore, gli ex piloti popolano le cabine di commento delle TV, oppure sono protagonisti di trasmissioni di approfondimento: essendo uno sport in continua evoluzione, gli ex piloti spesso non riconoscono le difficoltà con le quali sono alle prese i piloti attuali, ripetendo l’insopportabile cantilena che al loro tempo c’erano i veri piloti.

Anche un campione di grandissima intelligenza come Jacques Villeneuve, probabilmente sotto l’influenza dell’equipe di Sky, domenica dopo il GP, si è lasciato andare, dicendo in modo ingenuo che l’unico momento di spettacolo a Melbourne fosse stato l’incidente tra Massa e Kobayashi alla partenza.

In queste ultime stagioni invece in F1 è successo di tutto: titoli conquistati all’ultima curva, 7 vincitori diversi in 7 gare consecutive, infiniti cambi gomme e gran premi con un numero record di sorpassi; eppure c’è chi rimpiange un’epoca o chi reclama ancora spettacolo: ma che cosa poi si intende con questo benedetto spettacolo? Forse è bene non scambiare le gare di auto con il cinema, non pretendere il colpo di scena ad ogni momento (se no che colpo di scena sarebbe?); chi commenta non deve spacciare qualsiasi gara come imperdibile evento mediatico. E quando la gara riserva una vera emozione, ci si deve fermare senza catalizzare l’attenzione sulla puntata successiva, come se ciò che verrà debba essere sempre più spettacolare, in una continua promozione, a suon di spot.

Francesco Bagini
formula.francesco@tiscali.it