A Imola una fiera del bestiame Rosso

McLaren, Ferrari, Red Bull. Tantissimi sono stati gli appassionati, anche non direttamente legati alla figura di Ayrton Senna, che si sono diretti a Imola, lo scorso 1° maggio, per ricordare il tre volte campione del mondo brasiliano scomparso tragicamente proprio sull’asfalto dell’Autodromo emiliano, nel 1994, venti anni fa. Una festa che ha raccolto fans di ogni tipologia e dove, purtroppo, è mancato un po’ di tatto, di rispetto. Quest’immagine ci è stata prefigurata dalla lettera di un nostro lettore, Piero Gavioli, grande fan di Ayrton e che attualmente segue la carriera del nipote del Campionissimo, Bruno, e che noi abbiamo deciso di pubblicare.

Vent’anni sono un tempo davvero lungo eppure, a chi veramente ha amato Ayrton, sembra come se, quello che amo definire fattaccio, sia avvenuto pochi giorni fa. Tutto è tremendamente chiaro nella mia mente, le immagini sono nitide e, nonostante l’apparente voglia di gettarmi tutto alle spalle, non vogliono ingiallire. Non è menefreghismo, semplicemente la scomparsa di quello che consideravo il mio Campione, fa ancora troppo male a distanza di così tanti anni. Era quasi un annetto che si parlava di questo grande evento di Imola, ero entusiasta. Poi quando sono iniziati a uscire programma e invitati, sinceramente ho iniziato a storcere il naso, in ogni caso attendevo questo data da troppo tempo e ho deciso di partire da Pordenone. Veramente speciale la mostra gestita dall’Instituto e curata, in Europa, da Claudio Giovannone, toccante il momento di silenzio alle 14.17, la camminata in gruppo,come se fossimo stati tutti stretti in un’unico dolore e gli incontri con gli addetti ai lavori. Eppure, nonostante il bilancio di una giornata positiva, come del resto potrebbe sembrare dalle mie parole, sono rimasto profondamente deluso, dagli organizzatori e da una parte dei tanti tifosi.

Per farvi capire il motivo della mia insofferenza è doveroso dire che ero a Imola quel maledetto weekend. Due settimane dopo sarei convolato a nozze con quella che tutt’ora è mia moglie e, la donna della mia vita mi ha regalato l’unico addio al celibato che potessi desiderare, un weekend vissuto a contatto della Formula 1, a tifare Ayrton, senza vincoli o limiti. Diciamoci le cose come stanno, mia moglie mi organizzò un fine settimana perfetto: avevo il biglietto in tribuna centrale, davanti ai box, eppure al sabato, come del resto scoprii tempo dopo che anche Ayrton aveva avuto i suoi dubbi, anche io, dopo il terribile incidente di Barrichello al venerdì e la morte del povero Roland, ho pensato di tornare a casa. Poi ho desistito.

Ayrton era in pole, io ero praticamente in linea d’aria con la sua vettura. Mi chiedevo come mai non indossasse il suo casco giallo sulla griglia di partenza, come del resto aveva sempre fatto, mi chiedevo perché sembrava voler respirare quell’atmosfera, quasi come facciamo noi comuni mortali quando sappiamo di dover abbandonare per sempre un luogo a noi caro. Poi vicino a lui passò Berger e lui gli accennò un sorriso ed ecco che pensai, eccolo il mio solito Ayrton! Poi la partenza e l’incidente tra Lamy e JJ Lehto e quella gomma che impazzita sembrava voler appositamente puntare il pubblico, come se un destino dall’ambigua identità non avesse già giocato troppo in quel fine settimana. Poi la ri-partenza: Ayrton è sempre davanti a Schumacher e tutto sembrava portare alla vittoria, la prima dell’anno e la prima con la Williams. Da dove mi trovavo io sentii un gran botto e dagli alto parlanti arrivò la notizia che l’autore dello scontro al Tamburello era Senna. Ero circondato da ferraristi e quando dissero che Ayrton aveva colpito il muretto urlarono festanti, anche se non si muoveva, levando quell’accenno del casco del quale mi sono reso conto a casa, riguardando le immagini. In momenti come questi non esiste pilota, non esiste team, non esiste rivalità. Se un pilota non si alza dalla macchina, non deve esserci tempo per facili entusiasmi, non puoi essere contento del pericolo al quale è andato incontro, non è concepibile.

Tornando ai giorni nostri, quando ho letto che la Ferrari avrebbe mandato in delegazione i suoi piloti, è iniziato il mio disappunto. Ayrton aveva avuto, all’epoca, contatti con Fiorio e Montezemolo. Ok, la Ferrari voleva mandare qualcuno, perché non è venuto il sig. Montezemolo? Non era un evento di suo interesse forse? Probabilmente! Bhe, quando leggo che saranno presenti Alonso e Raikkonen, sei mentalmente pronto a vedere in autodromo per la maggior parte tifosi del Cavallino, del resto siamo in Emilia. Quando leggi che sarà presente lo stand di Scuderia Ferrari Club, sai che ci saranno i fanclub ufficiali, e ti prepari mentalmente, ma quello che è andato in scena il 1° maggio è stata letteralmente la fiera del bestiame Rosso.

Una fiumana di gente vestita di Rosso Ferrari da capo a piedi a sventolare a gran voce le loro bandiere, come se fossimo nel pieno di un evento Ferrari. Tanti di loro, almeno da quello che sentivo dire, era gente che era presente a Imola, nel 1994, e sarei pronto a giocarmici la mano che tanti sono anche quelli che hanno gioito della drammatica uscita di pista. Sembrava di trovarsi nel bel mezzo di una manifestazione Ferrari, non nel giorno di ricordo di Ayrton Senna. E fortunatamente, scambiando opinioni con altri fans del Campionissimo, anche loro sono della mia stessa opinione, quindi non sono io il disadattato. Lo scempio, è stato il veder affiggere uno striscione di appoggio a Stefano Domenicali. Ma che cosa c’entrava il 1° maggio a Imola? Sono uno dei pochi italiani che ha stima di Domenicali, l’ho conosciuto personalmente e posso dire che trattasi di una gran brava persona, sono uno dei pochi italiani che crede che Stefano sia stata l’ennesima bestia sacrificata, innocente, solo per il motivo che serviva l’ennesimo capro espiatorio. Ma lo striscione, in una giornata che di Rosso Ferrari non avrebbe davvero dovuto aver niente a che vedere, era sinceramente fuori luogo.

Non voglio dilungarmi in troppe parole (visto che già mi pare di averne scritto), ma sono rimasto profondamente amareggiato dagli organizzatori dell’evento che, diciamoci la verità, pur di avere maggiore attenzione mediatica hanno permesso uno scempio come questo. Non dico che avrebbero dovuto entrare in autodromo solo i tifosi di Ayrton, ma per lo meno, un po’ più di rigore sarebbe stato un buon costume. Nel 2002, un Ferrari club vicino casa mia organizzò un piccolo evento per ricordare la morte di Gilles Villeneuve, pilota che non ho mai tifato per questioni di squadra (ebbene si, sono un simpatizzante McLaren)
ma che ho sempre stimato per la grande passione e coraggio. Sono rimasto scosso anche dalla sua morte, ero poco più di un bambino all’epoca. All’evento Ferrari, andai vestito con t shirt anonima, niente che potesse riportare al mio tifo, niente che potesse, in qualche modo, risultare provocatorio per la parte rivale. Ero li per ricordare Gilles, non per far vedere che ero un tifoso della McLaren o di Ayrton. Questo chiamasi buon gusto, cosa che al 90% dei ferraristi manca.

Piero Gavioli