Credits: Formula 1 Twitter
Prima di parlare del trionfo della cenerentola, innanzitutto un po’ di numeri: Hamilton, cinque vittorie a Monza come Schumacher, rinvia almeno di un anno il sorpasso, così come le 91 vittorie del tedesco sono salve almeno fino a dopo il Mugello, circuito di proprietà ferrarista. E un pilota francese non vinceva dal 1996: accadde in un’altra gara pazza, a Monaco, con Olivier Panis e la sua Ligier, francese pure lei.
A interrompere il digiuno ci pensa Pierre Gasly: come accadde nel 2008 a Sebastian Vettel (che di contro ieri se n’è andato con lo zainetto in spalla come uno scolaro qualunque dopo il suo ritiro), la scuderia di Faenza, prima Toro Rosso e ora Alpha Tauri, porta sul gradino più alto del podio un altro giovane pilota. Se avrà il futuro del suo predecessore, lo dirà il tempo.
Intanto, chiamala fortuna o meno, la sosta di Gasly poco prima che la pit-lane fosse chiusa per far rientrare la Haas fuori uso di Magnussen, è stata la mossa vincente, anche perché Giovinazzi, e soprattutto Hamilton, si sono presi dieci secondi di penalità per essere entrati ugualmente. A dire il vero, era già diverse gare che il francesino che abita a Milano, a pochi passi dunque dal circuito monzese, faceva vedere cose buone. E’ stata una gara pazza, e non sappiamo se esserne contenti del tutto o meno: pare lampante che servano safety-car, imprevisti e incidenti per usurpare il trono di Hamilton.
L’inglese, dopo la penalità, da ultimo a settimo: una mezza rimonta riuscita, ma non sufficiente. Ma sì, in fondo siamo contenti: ci siamo divertiti, e a caval donato non si guarda in bocca. E il trionfo della cenerentola era qualcosa di cui la Formula 1 ne aveva bisogno. E Bottas? Derelitto protagonista ormai. Dopo aver preso due secondi in Belgio dal compagno, resta a galleggiare al quinto posto dopo la seconda partenza della gara. E sorvoliamo sull’ennesima partenza flop.
Se di Vettel si è sempre detto che gli mancava la monoposto ma anche la personalità, di Bottas non si può dire che non abbia il mezzo per provarci. E invece nulla. Sfilato da Racing Point e Renault prima, incapace di andare a prendere Norris poi. E una menzione per la Williams: l’ultima gara con Frank e Claire al timone, lascia più un senso di riassunto storico e di emozioni passate, più che una attualità che per la casa di Grove è da tempo deprimente.
Capitolo Ferrari, sempre se c’è ancora qualcosa da scrivere nel lungo libro che sta diventando un romanzo a metà tra “I miserabili” e “Io speriamo che me la cavo”. E come se fosse tutto prestabilito, i guai sono sempre più tutti della vettura: esplodono i freni a Vettel (alla prima variante, meno male) e parte il retrotreno a Leclerc (all’uscita della parabolica, ringraziamo le gomme a bordo pista), che 25 o 30 anni fa, con un incidente del genere, avrebbe avuto danni molto seri. E invece è zampettato fuori dall’abitacolo, come nulla fossa, e questa resta la cosa più importante. Inutile ormai flagellarsi: si sapeva che tra Spa e Monza sarebbe andato tutto sempre in peggiorando, e così è stato.
Tra sette giorni si torna di nuovo in pista per il terzo GP consecutivo, ancora in Italia: dalla Lombardia, giù fino in Toscana, si corre al Mugello. Un circuito, forse, un pelo meno complesso di Belgio e Monza, ma naturalmente la stagione Ferrari sta diventando come sfogliare una margherita. Con la differenza che tra “mi ama” e “non mi ama”, esiste solo la seconda alternativa. L’unico amore che resta, è quello sciupato e sanguinante di una intera folla sempre più raccapricciata da questa annata maledetta. E il trionfo della cenerentola aumenta i rimpianti.