Credits: Roberto Piccinini Instagram
Nella prima parte di “F1World incontra Roberto Piccinini” abbiamo parlato della lodevole iniziativa #iolavoroconlaFotografia in difesa dei diritti d’autore. In questa seconda parte invece troveremo emozionanti aneddoti che ci delizieranno. Ma ci permetteranno anche di conoscere la Formula 1 da un punto di vista differente, evidenziandone il lato umano. In attesa della terza conclusiva parte in cui si analizzeranno vari aspetti della stagione in corso.
Qual è il pilota che preferiva immortalare? Tale scelta è dettata da un motivo specifico?
“Assolutamente Senna. Credo che il carattere che aveva sia irripetibile. Riusciva a trasmettere tutto anche senza dire niente. Ricordo che quando faceva le qualifiche, lui usciva gli ultimi tre minuti, perciò faceva il giro di lancio e poi quello per la Pole. Bastava un errore per non ottenerla, invece lui ci riusciva. Io ero attratto da questo suo modo di fare, è sicuramente il pilota che mi ha più emozionato. Ho conosciuto tanti altri piloti, tra cui tanti piloti italiani, ma caratterialmente ed emotivamente Senna è il pilota che mi ha trasmesso di più. Riesce ad appassionare alla sua storia generazioni che neanche l’hanno vissuto. Il bello del mito risiede in questo: essere acclamato anche quando non ci sei più”.
“Ero al Gran Premio di Francia, dovevo rientrare a Bologna da Vichy con il Charter della Ferrari, insieme a un altro fotografo di Bologna, che purtroppo è venuto a mancare qualche anno fa. Dovevamo dirigerci in aeroporto con una macchina che avevamo noleggiato, che però non è partita. Quando contattiamo la ditta che si occupava del noleggio ci hanno detto di lasciarla lì e trovare un passaggio. L’autostrada era bloccata e noi rischiavamo di perdere l’aereo, perciò eravamo preoccupati”.
“Nel frattempo Senna esce dai suoi box e vedendoci preoccupati ci chiede cosa fosse successo. Dopo avergli spiegato l’accaduto, ci ha fatto salire sul suo elicottero e ci ha portato fino all’aeroporto di Vichy. Lui poi è partito con il suo jet. Ti racconto ciò per farti capire quanto fosse umile, sensibile e disponibile. La prima volta che l’ho fotografato era nel 1981 in Kart, perciò lo conoscevo da diversi anni. Seppur non ero suo amico, perché l’amicizia è una cosa che non si può definire in maniera abbastanza leggera, ma lo conoscevo piuttosto bene“.
Qual è stato invece il pilota che ha fotografato di più? E quello che veniva meglio in foto?
“Di piloti ne ho fotografati tantissimi. Ho avuto la fortuna di fotografare tanti campioni. Sono rimasto amico di alcuni, come Fisichella, Trulli, ma anche di Massa, che ho seguito sin dalla Formula Renault. Quindi l’ho conosciuto che era un ragazzino. Ne ho conosciuti tanti e li ho fotografati tutti, perché il mestiere del fotografo comporta a essere a 360°“.
“Altrimenti o si ha l’esclusiva con uno, o se si fa un lavoro come il mio, visto che ho un’agenzia, devo essere aperto a lavorare con tanti. Inoltre devo riuscire a entrare in confidenza con tutti, senza esagerare, perché ognuno ha il proprio modo di fare, quindi nonostante il tifo si deve avere una prospettiva a 360°. A parte Senna che mi piaceva sia per il lato umano che per quello sportivo, ho sempre tifato Ferrari. Ce l’ho nel cuore, in quanto abbiamo anche lavorato insieme per tanti anni”.
“Ho sempre tifato per i piloti italiani, perché sono patriottico, perciò sono contento se un pilota italiano approda in Formula 1. Ritengo che il tifo sia bello perché vario, seppur molte volte c’è chi tifa soltanto per chi vince. Ma ognuno ha le sue scale di valori, il tifo è nella voglia di voler gioire per qualcuno anziché per un altro. Non sono mai contento se un pilota si ritira a gara in corsa, perché è una gioia in meno in pista, vi sarà anche una lotta in meno. Inoltre molti piloti li conosco sin dai tempi dei kart. Spesso si dimentica che questi giovani piloti sono ragazzi, poi diventano professionisti ecc, ma io che li ho visti sin da piccoli li reputo ragazzi come altri, seppur hanno doti che non tutti possiedono”.
“Per fare il pilota di Formula 1 anche quello meno performante reputo che sia un fenomeno, in quanto il Circus è un mondo a sè. Si deve essere bravi a imparare in fretta, seguendo ciò che dicono gli ingegneri, la telemetria della monoposto, dove guadagnare tempo sul giro, da dove poter trarre vantaggio ecc, quindi è un vero e proprio lavoro. Certo, c’è chi è più portato a fare sorpassi azzardati o meno, ma per certi versi è tutto più difficile in Formula 1″.
“Una volta il pilota guidava e basta, a esempio Gilles Villeneuve mi piaceva perché faceva cose pazzesche che adesso non puoi più fare. Verstappen secondo me è amato perché ricorda i piloti di vecchio stampo. Piace perché è impetuoso. La gente riconosce l’impeto e la voglia. Avrà sicuramente anche tifosi italiani, in quanto il kart è per la maggior parte strutturato in Italia e quindi hanno già un seguito sin dagli inizi”.
Qual è una fotografia al quale si sente particolarmente legato?
“Sicuramente quella di Enzo Ferrari e Gilles Villeneuve che ho scattato quando ero un ragazzino nel box con mio padre. A quella sono molto legato, anche perché avevo 14 anni. Ce ne sono anche altre però, ad esempio sono particolarmente legato emotivamente a una foto che ho anche regalato a tutti i quotidiani, riguardante Senna. In pratica è una foto di Senna in barella con tutti i sensori sul petto, ma con viso e gambe nascoste. La diedi gratuitamente ad Ansa che la divulgò a tutti i quotidiani, ci tengo perché per me quella foto dava la notizia rispettando il campione“.
“E’ una foto che mi ha reso davvero triste, ma al tempo stesso ci sono legato perché essendo un foto-giornalista, quindi devo dare le notizie, mi ha permesso di non esagerare. Ho scritto un libro intitolato “Obrigado Ayrton” e seppur avessi tante foto riguardanti l’incidente, sia dell’impatto che del dopo, non le ho inserite e né pubblicate da nessuna parte. Perché ritengo che dare la notizia sia un conto ma rispettare il campione è sacrosanto per me. Nel mio libro parlo del campione e lo scindo dall’incidente, perché il campione è una cosa e l’incidente è un’altra. Secondo me è giusto soffermarsi su Senna per ricordarlo, evidenziando il lato umano, anziché parlare esclusivamente dell’incidente”.
“Nella mostra multimediale a Imola le foto presenti le ho scattate io e non vi è neanche una foto dell’incidente. Ho voluto dare le foto che lo ritraevano in casa, in Formula Ford, altre foto della sua carriera, tipo quelle sul bagnato. Matteo Brusa che ha organizzato il tutto ha fatto un bellissimo lavoro, perché ha saputo organizzare una mostra che ti fa vivere Senna con foto e video. Ma anche con racconti in cui si sente la voce del pilota brasiliano, quindi in maniera diversa rispettando il campione. Perciò sono stato felice di partecipare a questo progetto“.
Se potesse scattare la fotografia dei suoi sogni, immortalando il “Team perfetto” sulla sua pista preferita, chi immortalerebbe e dove?
“Come pista sicuramente Spa-Francorchamps. Invece per quel che riguarda il team mi piacerebbe fotografare la Lotus di Jim Clark che fotografava mio padre. Erano monoposto bellissime quelle. Invidio le foto che faceva mio padre all’epoca. Sarebbe davvero un sogno per me poter fare una foto del genere. La Formula 1 del passato faceva sognare molto di più rispetto a quella attuale”.
Nell’ultima parte di “F1World incontra Roberto Piccinini” si conclude il racconto a 360° in cui si analizza il curioso mondo del Circus intrecciato all’affascinante arte della fotografia. Non mancheranno riflessioni sulla stagione in corso stravolta dalla Pandemia generata dal Coronavirus e sulla situazione in casa Ferrari. Assolutamente da non perdere!