© Instagram Andrea Ferrari
Andrea Ferrari, il preparatore atletico di Charles Leclerc è stato ospite all’evento “Il coraggio di sognare“. Un evento che il 16 maggio ha tenuto impegnate le scuole superiori regionali al teatro comunale “Ebe Stignani” per esplorare le connessioni tra scienza, tecnologia, ingegneria, arte e matematica (STEAM). Tanti i temi toccati, dal lavoro alla vita personale passando per la sua amicizia con il pilota della Ferrari. F1World era presente all’evento e ha raccolto le sue risposte.
“Dipende dall’età. Ma se devo pensare ad un lavoro in particolare mi viene in mente il postino. Mi è sempre piaciuto andare in bicicletta e ho sempre avuto quest’immagine del postino che si spostava in bicicletta per lavorare“.
“Faccio parte di un’equipe, il cui obiettivo è quello di massimizzare le prestazioni del pilota in pista. Io sono la parte finale, nel senso che poi sono quello che è sempre con lui, occupandomi della parte atletica“.
“Dopo l’Istituto Superiore di Educazione Fisica, ho fatto il passaggio a scienze motorie. Dopodiché ho preso un paio di master incentrati sulla preparazione atletica“.
“La mia famiglia non mi ha mai messo dei paletti. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto senza scontrarsi mai con le mie idee e questo per me è stato importante“.
“Innanzitutto si differenzia fondamentalmente se si tratta di una trasferta Europea o extra Europea. Per quanto riguarda l’aspetto della preparazione fisica, quello non cambia più di tanto. Poi ci sono altri due aspetti fondamentali: la dieta e l’idratazione. La dieta è l’aspetto forse più semplice, perché quella è e quella va seguita. È importante rispettarla, perché il pilota deve rientrare all’interno di un certo peso durante tutto il weekend di gara. L’idratazione è invece l’aspetto un po’ più complicato. Questo perché influisce molto la durata della trasferta. Se si corre fuori dall’Europa l’attenzione inizia già sull’aereo. In aggiunta, sull’idratazione influiscono anche i fattori metereologici. Ci sono ovviamente dei protocolli da seguire e dei parametri sui quali studiamo i valori del pilota e che ci permettono di aggiustare il tiro all’occorrenza“.
“Chiaramente si viene a creare un’intesa importante legata anche al numero di ore che si passa insieme. Certe volte si tratta di rapporti estremamente conflittuali, perché abbiamo entrambi dei caratteri forti. La difficoltà sta poi nell’intelligenza delle singole persone. Infine, per una buona riuscita del lavoro, è importante che la sfera lavorativa e la sfera personale siano separate“.
“Ce ne sono tanti, ma la maggior parte sono fuori dalla pista“.
“Cosa abbia imparato lui da me, forse lo dovresti chiedere a Charles. Io invece da lui, ma i generale dai piloti con cui ho avuto occasione di lavorare, ho imparato la flessibilità. O meglio, l’essere in grado di sapersi adattare ai cambiamenti, che nella vita di un pilota, soprattutto di Formula 1, sono presenti in gran quantità“.
“Di Jules. Se invece devo pensare ancora più indietro nel tempo, mi verrebbe da dirti Senna, o Prost, oppure Lauda“.
“Sotto il profilo tecnico non c’è paragone. Su questo aspetto bisogna però tenere in considerazione che le tecniche che ci sono ora, non c’erano un tempo e saranno sicuramente diverse da quelle che ci saranno tra cinque anni. In generale, si tratta sempre di fare tutto in funzione di mettere il pilota nelle migliori condizioni possibili. Sicuramente per la parte atletica sono molto più preparati. Però non mi trovo d’accordo con chi afferma che un tempo i piloti fossero più pronti fisicamente, solo perché la vettura era meno sicura. In fin dei conti è la velocità che conta e 370 km/h sono 370 km/h ora come lo erano un tempo. Secondo me non è questione di essere preparati più o meno fisicamente in relazione al fatto di avere più o meno paura“.
“È una domanda che mi viene posta spesso, ovvero: “Come posso arrivare in Formula 1?”. La risposta che mi sento di dare e che potrebbe sembrare scontata è quella di fare esperienza, partendo dalle categorie minori. Ma non perché uno non è in grado, ma quello che cambia è appunto l’esperienza, non solo con il pilota, ma di tutto quello che ci gira intorno. Il margine di errore in Formula 1 è pari a zero e invece questa cosa di poter sbagliare e capire dai propri errori è fondamentale, ma per quello bisogna partire dalle categorie minori“.
“Dal punto di vista lavorativo, sicuramente il mondiale con Leclerc. Dal punto di vista personale sono contento e mi basta così“.