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Helmut Marko ha ammesso che Verstappen non era d’accordo con la decisione di Red Bull di sostituire Liam Lawson con Yuki Tzunoda, dopo appena due gran premi. Infatti, i risultati ottenuti finora dal pilota neozelandese, ben al di sotto delle aspettative, hanno spinto il team di Milton Keynes a correre ai ripari. Considerata la competitività di quest’anno, è impensabile puntare al Mondiale con una sola vettura capace di andare a punti:
“Penso che sia corretto dire che Max non sia d’accordo con la sostituzione di Lawson, e lui stesso ha espresso questo concetto. Ma abbiamo spiegato a Max che, per vincere il Mondiale, dobbiamo fare tutto quello che possiamo per avere due vetture in Top 10“, ha spiegato l’austriaco. “Max ha sostenuto che la macchina è molto difficile da guidare e che se la macchina fosse migliore, anche le prestazioni di Lawson migliorerebbero. Naturalmente stiamo lavorando per un ulteriore sviluppo, ma al momento è difficile difficile prevedere la velocità con cui questo avverrà”.
Tuttavia, la scelta del team austriaco ha suscitato diverse polemiche tra gli addetti ai lavori. Uno dei commenti, che più ha fatto discutere, è quello dell’ex pilota Giedo van der Garde, che ha definito la decisione di Red Bull una scelta “consapevole”, ma anche distruttiva per Liam Lawson. Nessuno, meglio di un (ex) pilota di Formula 1, sa cosa significhi vivere costantemente sotto pressione. Tra i vari “like” ricevuti al post pubblicato sul suo profilo social, i più attenti hanno subito notato anche quello del campione in carica, Verstappen.
Così si legge nel post pubblicato su Instagram: “Iniziano a stancarmi tutti i commenti secondo cui la Formula 1 è uno degli sport più duri, in termini di prestazioni. E quando non ottieni buoni risultati subito devi subirne le conseguenze. Sì, devi performare. Certo, la pressione è folle. Ma, secondo la mia opinione, questo si avvicina a forme di bullismo o a mosse che portano al panico, più che a risultati veri e propri da atleti di alto livello. Hanno preso una decisione – pienamente consapevole – dando a Liam solo due gare, per poi distruggerlo“.
Il consulente della Red Bull, però, ha voluto chiarire che quella di Lawson non si tratta di una “retrocessione“, dal momento che il giovane pilota neozelandese è stato costretto a tornare sulla vettura con cui ha esordito in Formula 1 nel 2023. “Prima di tutto, (Liam) non è stato retrocesso – è passato alla Racing Bulls: lì hanno una vettura molto competitiva, più facile da gestire rispetto alla RB21“, ha precisato l’austriaco.
“Il cambiamento è avvenuto dopo un inizio che definirei piuttosto sfortunato. In Australia, con la cancellazione della terza sessione di prove libere, sono iniziati i problemi. Ciò, naturalmente, ha influito sulla fiducia di Liam. Sfortunatamente, le cose non sono andate meglio in Cina, dove si è svolta una sprint race, e nuovamente una sola sessione di libere. Allo stesso tempo, dobbiamo riconosciuto che la RB21 è difficile da guidare. Non è la vettura più veloce e il gap, in termini di prestazioni, continua a crescere...”
Non sorprende, quindi, la politica severa adottata in casa Red Bull: una linea seguita fin dai primi titoli mondiali conquistati con Sebastian Vettel, proseguita con Max Verstappen. Del resto, data la competitività degli avversari, quest’anno sarebbe poco realistico aspirare al titolo mondiale con una sola macchina capace di raccogliere punti. Liam Lawson è solo l’ultimo di una lunga serie di piloti ad aver ricevuto il ben servito dal team austriaco.
Anche i suoi predecessori hanno avuto un destino simile: alcuni sono stati licenziati, altri rispediti nella squadra consorella. Dal 2018 in poi – ad eccezione del solo Daniel Ricciardo – tutti i compagni di squadra dell’olandese hanno faticato a stargli dietro. Ma secondo il consulente austriaco, non tutto il male vien per nuocere:
“Se pensiamo a Gasly, è ritornato in gran forma e ora è un pilota di gran premio di grande successo con l’Alpine. Lo stesso si può dire di Albon. Tutti hanno avuto lo stesso destino con Max accanto, ma si sono ripresi e hanno ritrovato la loro forma in un ambiente meno competitivo“. Se è vero che questi piloti sono tornati ad essere competitivi, è indubbio che ne abbiano risentito a livello morale, minando così la loro fiducia in sé stessi.