Credits: Red Bull Racing
All’età in cui i ragazzi “normali” svolgono il loro esame di maturità Max Verstappen aveva già fatto il suo debutto in Formula 1. E fin da subito ha dimostrato che non si sarebbe trattato di una meteora. Velocissimo fin dal primo momento, e con quel killer instinct tipico dei grandi campioni. Ma mancava ancora la prova del nove. Come si sarebbe comportato in una lotta punto a punto per il titolo mondiale? Avrebbe retto l’urto di un duello così acceso contro un colosso come Lewis Hamilton? Questo inizio ci sta dando delle importanti dimostrazioni.
Ingaggiato nella lotta per il vertice Verstappen non soltanto si è confermato sui livelli a cui ci aveva abituato negli ultimi anni, ma si è addirittura migliorato. Più incisivo in qualifica, a suo agio nel ruolo di leader all’interno dell’ambiente Red Bull, meno incline alla sbavatura. E anche quando sbaglia, come accaduto domenica alla staccata di curva-1, appare capace di rimediare con lo spirito giusto. Insomma, un pilota completo, a cui non manca davvero nulla per puntare al bersaglio più grande.
Ma una dimostrazione altrettanto importante, al Paul Ricard, l’ha data Red Bull. Che in poche settimane aveva ribaltato la gerarchia di un campionato che, dopo la Spagna, sembrava raccontare di una Mercedes tornata ad essere quella di sempre, ovvero la monoposto di riferimento. E invece le cose sono cambiate in fretta. A smentire i tanti addetti ai lavori convinti che i successi ottenuti a Monaco e Baku fossero ricollegabili alle caratteristiche anomale di due circuiti con pochissime similitudini nel calendario.
Red Bull è una vettura che abbina alla solita efficienza aerodinamica tipica delle creature di Adrian Newey anche un’impressionante velocità sul dritto, che la rende temibile sia quando ricopre il ruolo della preda che quello della cacciatrice. E i risultati sono lì a testimoniarlo. La Mercedes negli ultimi anni non è mai stata così vulnerabile, nessuno era riuscito a mettere gli uomini di Toto Wolff con le spalle al muro dal lato prestazionale.
Quelle leggerezze che negli anni precedenti finivano sotto al tappeto in virtù di un vantaggio immenso sulla concorrenza adesso non sono più perdonabili. Ed è inevitabile che in un momento del genere a finire sul banco degli imputati sia il soggetto con la posizione contrattuale più debole, ovvero Bottas. Il contributo del finlandese sarebbe potuto essere determinante nel “frenare” la rincorsa di Verstappen, ma Valtteri è incappato in un goffo errore proprio nel momento clou.
Nell’epoca della dittatura sportiva della Mercedes, l’olandese volante sta facendo le prove generali del golpe. Per Verstappen non esiste un sovrano imbattibile a cui inchinarsi e di cui temere lo strapotere tecnico. Vuole raggiungere la definitiva consacrazione consegnando il suo nome all’albo d’oro. Ma il Mondiale è ancora lungo e guai a dare per finito un fuoriclasse come Hamilton, sempre in grado di tirar fuori il coniglio dal cilindro per uscire dai momenti più difficili.