Primo mese di coma per Michael Schumacher: quali ipotesi future?
29 dicembre 2013-29 gennaio 2014. È trascorso già un mese dalla rovinosa caduta sulle nevi di Meribel che ha visto protagonista Michael Schumacher. Un destino beffardo per il tedesco o forse una tremenda fatalità. Una vita vissuta a 300 all’ora sempre sul limite dei centesimi, poi una caduta sugli sci rischia di spegnere la stella del Campionissimo di Formula 1. Il sette volte campione del mondo, percorrendo un tratto con neve fresca di congiunzione tra due piste, una blu e una rossa, relativamente semplici per uno sciatore provetto come Schumacher. Il tedesco, che indossava un caschetto con una telecamera che ha registrato l’impatto, si sarebbe sbilanciato e sarebbe caduto picchiando la testa contro una roccia.
Nonostante le prime notizie, le condizioni di Schumacher, trasportato in elicottero all’ospedale di Grenoble, sarebbero state gravi fin da subito. L’ex ferrarista ha subito un’emorragia cerebrale ed è stato operato d’urgenza per ridurre la pressione dell’ematoma. L’intervento che ha permesso di diminuire la pressione intracranica, ha obbligato i medici a tenere il sette volte campione del mondo in coma indotto, dal quale, dopo un mese, non è ancora stato svegliato. L’attenzione mediatica sulle condizioni di salute di Schumacher è sempre stata altissima, fino al giorno in cui, è stata la stessa moglie del sette volte campione del mondo a chiedere alla stampa di lasciare Grenoble per permettere ai medici di lavorare senza pressioni. Nonostante l’apparente antipatia che può suscitare, Schumacher è entrato nella storia del Motorsport ed è considerato come uno dei più grandi campioni della Formula 1. È entrato nel cuore degli italiani per la sua fruttuosa avventura in Ferrari che ha portato a Maranello ben 5 mondiali piloti (dal 2000 al 2004) e 6 costruttori (dal 1999 al 2004).
L’hashtag è #ForzaSchumi e, nonostante sia passato un mese, continua il suo cammino su Twitter. Sono tantissimi i messaggi di smarrimento, coraggio e vicinanza che hanno circolato sul social network dell’uccellino. Dai semplici tifosi, ai piloti di Formula 1, il mondo dello sport e della politica, un mondo in ansia che ha atteso notizie confortanti sul sette volte campione del mondo. Sicuramente i piloti del Circus, quelli che Schumacher lo hanno conosciuto in pista, sono stati tra i più scossi. Uno dei primi ad affidare a Twitter un cinguettio, è stato Felipe Massa, ma non sono mancati i vari Alonso, Hamilton o Vettel, per il quale Schumacher è stato un vero e proprio padre sportivo. Oltre ai tifosissimi del Kaiser di Kerpen, per rimarcare il rapporto col tedesco, lo scorso 3 gennaio, sono arrivati a Grenoble oltre duecento tifosi in rappresentanza degli Scuderia Ferrari Club di Italia e Francia per rendere omaggio all’ex ferrarista nel giorno del suo 45esimo compleanno.
Secondo la Procura di Albertville, l’ex ferrarista stava effettuando un fuoripista, un posto d’inserzione tra due piste. Come mostrano chiaramente i fotogrammi del video, il tedesco avrebbe colpito con gli sci una roccia che affiorava dalla neve fresca e perdendo l’equilibrio è andato a sbattere contro un’altra roccia. Le regole di segnalazione della pista richieste dalla legge francese sono state rispettate e l’incidente non sarebbe da imputarsi nemmeno al casco utilizzato dal tedesco o agli sci, noleggiati sul posto, visto che hanno superato un’attenta e approfondita analisi sui materiali effettuata dalla scuola di Chamonix.
Nonostante siano trascorsi la bellezza di 31 giorni, Schumacher è ancora tenuto in coma farmacologico. La famiglia e l’Ospedale Universitario di Grenoble non hanno più emesso bollettini ufficiali sulla salute dell’ex ferrarista, una buona notizia perché significa che non ci sono stati peggioramenti evidenti, ma che inevitabilmente, alimenta ogni tipo di indiscrezione.
Il neurochirurgo Andreas Zieger, operante nella Clinica Universitaria di Oldenburg, ha rilasciato un’intervista al settimanale inglese Focus, in cui ha apertamente dichiarato come le lesioni cerebrali subite da Schumacher potrebbero essere tali da obbligarlo allo stato vegetativo per il resto della sua vita. Una tesi avvalorata anche da Jean-Marc Orgogozo, professore di neurologia presso l’Università di Bordeaux, che ha spiegato come, per un paziente «ogni settimana in coma fa diminuire le possibilità che la situazione migliori».