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Interviste

Mazzola: “Leclerc deve ancora dimostrare di essere superiore a Vettel”

F1World ha parlato con l’ingegner Mazzola, per 21 anni Race Engineer e vincitore di 8 mondiali con la Ferrari. Recentemente, è stato anche autore del libro “Avanti Tutta”

Luigi Mazzola: ingegnere prima, mental coach dopo. La sua è una mentalità carismatica, creativa, intuitiva, che lo ha portato a guardare oltre gli aspetti tecnici. Umiltà e curiosità, passione e determinazione sono le sue qualità di maggior spicco. Il suo lavoro, da ingegnere in rosso a speaker motivazionale, ha amplificato la sua voglia di mettersi in gioco e raccontare attraverso le emozioni le sue esperienze di vita con uomini straordinari. Una vita che ha alternato anni vincenti ad altri più difficili, ma anche questo è Ferrari.

Credit: luigimazzola.com

Le parole al veleno di Verstappen ad Austin, dove tacciava la Ferrari di malafede in ambito tecnico, hanno lasciato il segno. Quanto può essere giustificato un comportamento così fuori luogo?
“Certamente serve più maturità: queste affermazioni non andrebbero esternate con leggerezza. Il pilota è giovane e c’era da aspettarselo. Non si è verificata alcuna presa di posizione e questo mi sorprende. Agire in modo non conforme al regolamento mi sembra molto strano, perché non è nell’interesse dell’azienda, e poi la FIA è molto rigida con i controlli. Mi sarebbe piaciuto vedere una reazione diversa da parte dei Team Principal”.

Il carisma con cui Mattia Binotto si è confrontato con il muretto Red Bull può generare un impatto positivo sulla squadra?
“Non conoscendo la reazione, non posso sbilanciarmi. Finché non c’è nulla di scritto, si tratta di voci, quindi emettere giudizi, se non ti trovi sul luogo, è alquanto difficile. Le parole del giovane pilota Red Bull hanno scatenato solo chiacchiere. Niente di più”.

Meglio una politica di ‘autocrazia’ o di equilibrio per gestire un team?
“Penso che un buon metodo di lavoro sia quello che porta alla vittoria. Quest’anno la Mercedes ha eguagliato la striscia vincente di 6 titoli consecutivi tra i costruttori. Un po’ mi è dispiaciuto, perché lo ritenevo un record ineguagliabile. Cosa dire dell’operato Ferrari? Quest’anno è andata così; c’è ancora molto su cui lavorare”.

Un eventuale passaggio di Lewis Hamilton alla corte di Maranello potrebbe considerarsi uno scacco matto per Brackley?
“Ma quale scacco matto! La differenza la fa la vettura rispetto al pilota. Al momento è cosi. Si può solo esaltare il talento del 6 volte iridato ma, se cambiassimo i piloti, le gerarchie tra le vetture rimarrebbero immutate e chi guida la macchina migliore porterebbe a casa la vittoria. Tra questi c’è Verstappen, che mi dà l’idea di essere un pilota ‘vero’. Uno che può fare qualcosa di più? Leclerc. Aspettiamo la fine dell’anno per vedere chi otterrà i galloni di capitano tra lui e Vettel”.

“In questa Formula 1 c’è molto livellamento nelle prestazioni dei piloti, quindi solo la bontà della vettura fa la differenza. Un pilota che riesce, a volte, ad andare oltre i limiti della monoposto è Verstappen, in quanto a tratti ha massacrato i suoi compagni di squadra. Albon non è male e in prospettiva può rendere bene, ma Gasly è stato massacrato. Per questo dico che Verstappen è superiore ai suoi compagni. Uno sbilanciamento così marcato tra compagni manca in altri team”.

Leclerc-Vettel: una coppia paragonabile a Senna e Prost?
“Sono due dimensioni agli antipodi l’una rispetto all’altra. Senna e Prost duellavano tra loro e nessuno con un’altra monoposto poteva inserirsi. Tra loro, in McLaren, c’era una lotta eterna. Alain era un pilota tecnico, sapeva “costruirsi” le vittorie; Senna era un genuino della guida, talento fenomenale ma di sicuro non un agnellino. Ron Dennis in qualche modo li ha gestiti“.

“Leclerc è giovane e per il momento è relativamente semplice gestirlo. Deve ancora dimostrare di essere così superiore rispetto a Vettel come prestazioni, ma promette bene. Dall’esterno è complicato capire la gestione dei piloti perché la rendono complicata loro. Paragonando l’utilizzo della radio tra il passato e il presente, riscontriamo una notevole differenza: prima il pilota parlava alla radio molto meno, mentre oggi i dialoghi col team durante la gara si sono intensificati. Credo che durante il Gran Premio bisogna concentrarsi solo sul modo di portare a casa il risultato migliore, mentre sulle strategie è meglio confrontarsi prima, ossia durante i meeting”.

Hamilton può essere paragonato a Schumacher come “trascinatore”?
“Non ho mai lavorato con Lewis, non posso esprimermi su di lui come lo farei su Michael. Ha vinto 6 mondiali ma, a sensazione mia, è completamente diverso. Michael come pilota era su un pianeta opposto, perché è partito da una situazione dove Ferrari non aveva vinto nulla per anni. Il suo metodo comportava totale attenzione e dedizione al lavoro: mesi, giorni e ore spesi per rendere la Ferrari competitiva… Aveva la capacità di assumere le redini della squadra, impostando una mentalità vincente“.

“Schumacher investiva molto sull’aspetto emotivo. Questo lo portava a guidare, oltre che le macchine, anche le persone. Michael era un grande pilota a livello di guida e pure un maestro nel motivare le persone, sempre però molto pragmatico e rigoroso. Mai un suo compagno di squadra avrebbe potuto permettersi di vincere un mondiale: poteva solo essere il numero due, senza possibilità di batterlo”.

“Hamilton invece è stato battuto da Rosberg. Questo fa pensare quanto i due siano diversi, nonostante il sesto iride di Lewis. Un confronto tra il passato e il presente? Lauda ha battuto Prost di mezzo punto; Senna e Prost, come detto prima, potevano battersi l’un l’altro, ma nessuno di un team esterno poteva insidiarli. A mio avviso, in questo momento Verstappen potrebbe diventare come loro”.

Parliamo di tecnica: Mercedes ha lavorato molto per sfornare una vettura sempre al top. Cosa ha fatto la differenza tra i team di vertice?
“Credo che Mercedes abbia puntato le sue carte sul carico aerodinamico, quindi non ha mai avuto problemi di gomme perché il downforce aiuta. Non patisce problemi di temperatura, la vettura è molto genuina, magari un po’ ostica nel bilanciamento, ma i tecnici sono riusciti a sistemarla al meglio.
Nel trovare il compromesso tra i vari aspetti tecnici, Mercedes è stata la migliore. La Red Bull paga troppo drag, anche se ha un motore in costante evoluzione. Però hanno ancora molto su cui lavorare. Il prossimo anno, in ogni caso, potrebbe essere là a spezzare l’equilibrio tra i due team di riferimento. Ferrari ha lavorato molto sull’efficienza della vettura con meno carico. La macchina è ottima e la power unit si è fatta notare mettendo in difficoltà la Mercedes. Questo è mio il riassunto: Mercedes vanta il miglior compromesso tra carico, efficienza e potenza; Ferrari invece manca di carico. Quando le gomme “chiedono” carico, la Rossa va in difficoltà, mentre la Red Bull accusa mancanza di velocità, dovuta, probabilmente, a molto drag e poca potenza, anche se negli ultimi GP ha dimostrato di aver recuperato qualcosa”.

Tornando alla Ferrari, ha senso mantenere l’attenzione solo su Sebastian, fregiandolo della prerogativa di prima guida, o è meglio mantenere un equilibrio tra i piloti?
“Serve solo la macchina vincente. Niente di più, perché il resto viene da sé. Guarda come è andata a Spa e a Monza. Poi gestisci, lasci battagliare i piloti e a metà campionato decidi su chi puntare. Chi ha accumulato più punti deve essere sostenuto maggiormente per vincere il mondiale. Ammesso che sia in grado di vincere. Per fare il salto serve una vettura forte, persone capaci e una struttura adeguata.
In bocca al lupo a Ferrari per arrivare a fare questo. L’ultimo mondiale costruttori è stato vinto nel 2008. Binotto era stato un mio ingegnere motorista nel biennio ’96/’97 nella squadra test, quindi ha gli anni di esperienza per far bene. Serve più creatività, intuizione per produrre qualcosa di vincente. Un team efficiente è come un violino: se tutte le corde vengono mantenute ben tese, i risultati arrivano. Mercedes sembra un team efficiente per la capacità di lavoro di gruppo e la continuità delle persone”.

Andrea Ranucci

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Andrea Ranucci