“L’ultimo giro di Ayrton”: in arrivo su Sky il docufilm su Imola ’94
Matteo Marani racconta gli ultimi giorni del campione brasiliano, cercando di far emergere nuovi cruciali dettagli
Arriva su Sky il docufilm “L’ultimo giro di Ayrton”, pronto a debuttare sul canale 201 sabato sera, alle ore 22.30. Si tratta dell’ultima puntata della serie “Storie”, firmata e condotta dal vicedirettore di SkySport, Matteo Marani, in collaborazione con Andrea Parini e Fabio Fiorentino. Il fulcro della narrazione è costituito dal tragico weekend di Imola ’94, teatro di uno dei momenti più neri nella storia della Formula 1. La voce di Marani ci accompagna attraverso tutta la storia, senza che l’emozione del ricordo offuschi la lucidità di giudizio.
“L’ultimo giro di Ayrton” è una vera e propria inchiesta. La lente d’ingrandimento del narratore è alleata dello spettatore per l’intera durata del docufilm: sessanta minuti in cui Marani scava indietro nel tempo, sfoglia verbali e documenti, analizza le telemetrie dell’incidente, riporta la viva voce dei protagonisti. Tutti conosciamo l’epilogo della storia, eppure durante la visione la malinconia è lasciata in sospeso, e può sgorgare liberamente nella sua dolce amarezza solo al termine.
UN FOCUS SULLA WILLIAMS FW16
Il 1994 è l’anno dei cambiamenti regolamentari. Sono stati introdotti i rifornimenti e le monoposto di conseguenza hanno serbatoi più leggeri. In compenso, l’elettronica e le sospensioni attive sono state abolite: ne risultano monoposto velocissime ma dalla tenuta più scarsa. In Brasile abbiamo avuto un’anticipazione della Formula 1 che verrà: una gara corsa a ritmo da qualifica, con le soste ai box capaci di giocare un ruolo strategico di primo piano.
Marani ci introduce alla protagonista suo malgrado della vicenda, la Williams FW16, a bordo della quale Ayrton perderà la vita. Si tratta di una vettura con cui Senna non riesce a entrare in simbiosi. La causa principale di queste difficoltà è da ricercare nel volante, sistemato a forza all’interno di un abitacolo troppo stretto, in cui il pilota riesce a malapena a entrare. Ci vengono forniti i dati: nella McLaren, Senna poteva contare su un volante dal diametro di 30 cm, nella FW16 c’è spazio appena per 26.
Guidare al meglio in queste condizioni è difficile, tanto più che il pilota, da quanto è stretto, continua a sbattere le nocche delle mani. Insomma, così non va: Ayrton pretende che venga trovata una soluzione, e i meccanici si mettono alacremente all’opera. I lavori proseguono per l’intera notte fra sabato e domenica, e l’impegno non manca, ma i mezzi non consentono miracoli e il risultato finale ne risente. Una modifica operata in fretta e furia all’insegna del risparmio, che avrà conseguenze drammatiche.
IL CONTESTO DEL WEEKEND DI IMOLA
Ayrton arriva in Italia con un fastidioso “zero” alla voce dei punti conquistati. Schumacher ne ha raccolti venti, e in Brasile ha mostrato di reggere il confronto col brasiliano in un estenuante duello a suon di giri veloci, conclusosi anzitempo con l’errore di Senna e il conseguente ritiro. A Imola il pilota di San Paolo scatta in pole position, la terza in tre gare: si prospetta un nuovo confronto con il tedesco della Benetton, che prenderà il via dalla seconda casella.
La vigilia del Gran Premio di San Marino non è come tutte le altre, e questa è storia ben nota. Durante le qualifiche del sabato muore l’austriaco Roland Ratzenberger, pilota della Simtek alla terza partecipazione a un weekend di Formula 1. Ayrton, che alloggia come da tradizione all’hotel Castello, è turbato, corroso dal dubbio. La sera prima della gara è un travaglio, la notte ancora peggio. I pensieri si agitano come cavalli imbizzarriti: è giusto correre? Ne vale davvero la pena?
Forse per la prima volta da quando corre in macchina, Ayton ha veramente paura. Al tormento interiore legato alla scomparsa di Ratzenberger si sommano le insicurezze dovute allo scarso feeling con la macchina e a un sopralluogo del circuito che gli ha lasciato più di qualche perplessità. È la curva del Tamburello, in particolare, a non convincerlo, penalizzata da una conformazione che presenta “qualcosa di storto, sembra avere proprio dei gradini…”. Queste sono le esatte parole che sentiamo pronunciare dalla voce di Ayrton in persona.
GLI SPUNTI PER IL RACCONTO
I sessanta minuti de “L’ultimo giro di Ayrton” passano rapidi e coinvolgenti. Quando cominciano a scorrere i titoli di coda, ci si rende conto di aver assistito a un‘opera d’inchiesta impeccabile, capace di coinvolgere e di stimolare la riflessione. Il ritmo sostenuto della narrazione ha l’assoluta priorità, ma i tanti dettagli disseminati lungo il percorso consentono di tracciare un ritratto completo della figura di Senna, pur raccontandone soltanto gli ultimi giorni di vita.
“La nostra idea di base si muove su un piano duplice, ossia quello di raccontare l’inchiesta sulla morte di Ayrton“, spiega Marani. “Amo da sempre il giornalismo di approfondimento e adoro capire, narrare e puntualizzare vicende complesse e affascinanti come quella relativa al caso Senna. In secondo luogo, passo a un aspetto più intimo, ossia quello di rivivere il flusso della memoria e dei ricordi anche personali“. Non solo cronaca giornalistica, dunque, ma anche sentito e personale omaggio da parte degli autori nei confronti di una figura così importante.
“La definizione di docufilm mi piace molto“, prosegue Marani. “Aggiungo che per cuocere questa portata sono state unite da una parte la ricerca delle immagini e la raccolta delle prove documentali, andando a mostrare anche tessere fondamentali direttamente tratte dal processo e mai mostrate prima, amalgamando ed esprimendo il tutto tramite una scrittura che non nasce nella televisione e per essa, ma nella periodica, con una sua genetica nella parola scritta che solo poi diventa Tv, possibilmente colorandosi di un potere evocativo diverso“.
L’EREDITÀ DI SENNA
“Ayrton Senna è un personaggio universale, larger than life, come dicono gli angolassoni, ossia più largo della vita, ovvero largo di suo, aggiungo io”, racconta Marani. “L’intuizione di andare a rivivere la sua storia è di uno dei co-autori del format “Storie”, ovvero di Andrea Parini. Per il resto, quanto a me, mi sono anche lasciato cullare dal piacere di andare a scorrere quello che sento e ritengo come un condiviso album di famiglia, che mi e ci ha visto condividere quei giorni, quei nomi, quell’atmosfera e anche, diciamo così, quell’epoca del giornalismo e dell’informazione“.
L’arco narrativo inaugurato dal weekend di Imola si conclude con un salto avanti nel tempo di undici anni. Nel 2005, a Bologna, la sentenza definitiva sull’incidente mette la parola fine alla vicenda, e chiude con un dovuto chiarimento la tragica epopea di Ayrton Senna. Il docufilm di Marani riesce nell’intento di sviluppare un racconto completo e universale partendo dall’analisi dettagliata di un singolo evento della durata di tre giorni. Una magnifica opera capace di unire giornalismo e televisione senza soluzione di continuità, e che vale la pena di essere assaporata in ogni sua sfaccettatura.
Alessandro Bargiacchi