Ahmed Humaidan sarà uno dei grandi assenti per il Gran Premio di Formula 1. Nonostante la giovane età, appena 26enne, è già un fotografo di fama internazionale e attraverso il suo obiettivo ha fermato in immagini la rivolta che tiene in scacco la popolazione bahrenita da ormai tre anni. Il 26 marzo, Humaidan è stato condannato a 10 anni di carcere, assieme ad altre 25 persone, accusati di aver assaltato la stazione di polizia di Sitra nell’aprile del 2012. Una confessione che secondo gli avvocati deglia ttivisti è stata estorta sotto tortura.
Sono già passati tre anni dall’inizio della rivolta dimenticata. Il 14 febbraio 2011, alla rotonda della Perla, si sono riuniti migliaia di donne e uomini che chiedevano a gran voce giustizia, uguaglianza, diritti e libertà. Alla manifestazione pacifica seguì una repressione
«Sport e politica, due fattori che devono rimanere divisi», commentarono alcuni piloti in conferenza stampa. Un modo per tergiversare sulla questione? L’unica cosa certa è che per il terzo anno consecutivo la monarchia assoluta del Re Hamad bin Issa al Khalifa sta facendo di tutto per fare in modo che l’opposizione non abbia la possibilità di turbare lo svolgimento del Gran Premio del Bahrain, una delle vetrine mondiali più importanti del paese, e allo stesso modo team e piloti sono obbligati a ignorare la violenta repressione e la violazione dei diritti umani perché così vuole lo spettacolo.
Eppure il Bahrain non è il solo paese toccato dalla Formula 1 dove vengono violati i diritti umani e la libertà di stampa. Secondo un recente studio redatto da Reporters sans frontières, oltre alla penisola del Golfo Persico, anche la Cina figura nella lista di quelli ritenuti i Nemici di Internet, tanto da non essere consentito l’accesso a portali stranieri come Facebook, Twitter o YouTube. Una situazione riscontrata proprio l’anno scorso anche dai reporter che seguono il Circus che, una volta a Shanghai, hanno toccato con mano le evidenti difficoltà.
In certi casi risulta davvero impossibile chiudere gli occhi. Cosa dire della situazione in India, dove almeno 60 milioni di abitanti vivono al di sotto della soglia minima di povertà e molti bambini muoiono in tenera età per aver bevuto acqua contaminata o del Brasile che, nonostante sia indicato come il modello da seguire per la sua rapida crescita economica dai quotidiani economici e finanziari, al suo interno porta ancora forti diseguaglianze ed enormi contraddizioni. In tutto ciò non possiamo dimenticare nemmeno la Russia, una delle realtà più vicine alla nostra, geograficamente parlando dove è la legislazione a farla da padrona tra limiti alle proteste pacifiche e legge che circoscrivono i diritti alla libertà di espressione delle persone omosessuali, che incoraggiano atti di violenza omofobica in tutta la Russia.
di Eleonora Ottonello per Wakeupnews.eu