Credits: Pirelli Press Area
Nella prossima stagione, il calendario del mondiale di Formula 1 raggiungerà la cifra record di 24 Gran Premi. Il Circus farà nuovamente tappa in Cina, e le gare da disputarsi negli Stati Uniti saranno addirittura tre. Il 2023 rappresenterà dunque una sfida senza precedenti per i team, che già quest’anno sono stati messi a dura prova. Le squadre si stanno attrezzando in vista dell’impegno, e sembra che una possibile strategia sia stata identificata nella rotazione del personale. Nel corso del weekend di Suzuka, alcuni rappresentanti dei team sono stati interpellati dai media sull’argomento.
“La prossima stagione sarà interessante”, ha esordito Dave Robson, ingegnere in forza alla Williams. “Ci avventureremo in territorio inesplorato. Credo che la rotazione degli ingegneri in posizioni chiave possa presentare dei pro e dei contro. Naturalmente non posso sapere cosa faranno gli altri team, ma credo che vedremo molti approcci differenti. Noi introdurremo un po’ di rotazione, per cui sentirete voci di ingegneri diversi parlare in radio ai piloti di gara in gara. A dire la verità, il nostro team ha già svolto delle prove nell’ultimo anno e mezzo, in modo da arrivare preparato al calendario lungo del 2023. Credo che il problema non sarà rappresentato solo dal numero dei Gran Premi, ma anche dalla loro distribuzione. Non sarà una situazione facile da gestire”.
“Se un ingegnere è presente ad ogni weekend di gara, ha davvero poco tempo da spendere in fabbrica, e questo non è ideale per il lavoro di sviluppo sulla monoposto”, ha proseguito Robson. “Per questo motivo, credo che sul lungo periodo la rotazione sarà fondamentale per ingegneri e meccanici. Dovremo decidere che programma seguire per metterla in pratica, trovare la soluzione più efficiente”, ha concluso l’ingegnere della Williams.
Ayao Komatsu, ingegnere della Haas, ha spiegato che anche il team americano ha cominciato a mettere in pratica un po’ di rotazione in vista del 2023. “Credo che sia necessario riuscire ad integrare al meglio il lavoro del personale presente ai Gran Premi e di quello che resta alla fabbrica. Se non applichiamo un regime di rotazione, chi lavora in pista non ha modo di vedere le attività svolte allo stabilimento, e la comunicazione diventa complicata. Abbiamo già cominciato quest’anno con un po’ di rotazione, e i benefici sono stati subito evidenti”.
Secondo Mike Elliott, direttore tecnico della Mercedes, i piloti chiederanno con ogni probabilità di poter lavorare sempre con lo stesso ingegnere di pista, e questo potrebbe rappresentare un problema; non mancano però gli strumenti per risolverlo. “Con la tecnologia di cui disponiamo oggi, anche restando in fabbrica gli ingegneri potrebbero essere coinvolti nelle attività svolte in pista. In questo modo, si risparmierebbero il peso del viaggio e del jet lag. Dobbiamo trovare un buon compromesso. Credo che molti piloti preferirebbero lavorare sempre con l’ingegnere di pista personale, che conoscono a memoria: si crea un rapporto speciale, grazie al quale ogni minimo segnale nella comunicazione viene colto”.
“Se il pilota lavora con un ingegnere che non conosce”, ha continuato Elliott, “tutto si complica. Sarà compito del team risolvere questo problema. Una soluzione potrebbe essere far sì che il pilota non si trovi mai a lavorare con un completo sconosciuto. Anche non trattandosi dell’ingegnere di pista di ruolo, dovrà essere qualcuno con cui il pilota è già abituato a collaborare“.
“In generale, credo che sarà importante garantire da un lato personale sempre fresco e con energie sufficienti a svolgere al meglio il proprio lavoro, dall’altro una buona continuità di lavoro per gli ingegneri. Per raggiungere questo obiettivo, dovremo senza dubbio mettere in pratica un regime di rotazione. In che misura questo verrà applicato, dipenderà da ogni specifico ruolo, e dovremo tenere conto anche delle necessità del singolo individuo“, ha concluso Elliott.