Credits: Oracle Red Bull Racing Twitter
Christian Horner, Helmut Marko, Adrian Newey. Sono solo alcuni dei nomi che, negli anni, hanno reso celebre un marchio che con la Formula 1 c’entrava ben poco. Nati nel 2005 dalle ceneri della Jaguar, dopo qualche anno di apprendistato, alla loro sesta stagione sono riusciti a conquistare il primo di quattro titoli con Sebastian Vettel. Successivamente, con l’avvento dell’era ibrida, sono iniziate le difficoltà. Quest’ultime individuate soprattutto in una Power Unit poco performante e alle volte fragile. Terminato il rapporto con Renault, hanno abbracciato un progetto ambizioso ma bisognoso di tempo: quello della Honda. Pazienza che, però, è stata ampiamente ripagata con due titoli piloti consecutivi.
“Non abbiamo potuto prendere nemmeno un bullone dalla vettura dello scorso anno. Il telaio, le sospensioni e il cambio erano nuovi, l’aerodinamica diversa. Quando però è scesa in pista, abbiamo visto che non avevamo particolari difficoltà“. Queste le parole pronunciate dal direttore tecnico di Red Bull, Rob Marshall, a F1 Nation. Questo a dimostrazione della bontà del lavoro svolto dallo “zoccolo duro” situato a Milton Keynes. Sì, perchè in fabbrica questo si respira: solidità. Ne è una dimostrazione, ad esempio, il reparto di ingegneria capitanato da Adrian Newey che, fin dal suo arrivo, ha avuto carta bianca per progettare tutto secondo le sue esigenze.
Oggi a dividere Ferrari e Red Bull non è solo il gap prestazionale apertosi dal Belgio in avanti, ma anche un altro aspetto molto importante. Qualcosa che al team di Maranello manca dall’addio di Jean Todt e Ross Brawn, ovvero la stabilità interna. Da allora sono stati numerosi i cambi avvenuti all’interno della squadra con Mattia Binotto che, fin dal suo insediamento come Team Principal, sta cercando di porre rimedio all’interno di un ambiente in cui storicamente la pressione la fa da padrona.
Un po’ più semplice, se così si può definire, il clima in casa Mercedes. La scuderia anglo-tedesca, forte dell’impero costruito nel corso dell’era ibrida, gode di una maggiore stabilità rispetto al team italiano. Eppure, anche Toto Wolff ha dovuto fare i conti con porte girevoli a Brackley, causate da un continuo susseguirsi di direttori tecnici. Non solo, nel 2019 la casa di Stoccarda ha dovuto fare i conti con la scomparsa di Niki Lauda, figura fondamentale all’interno dell’organico. Insomma, Red Bull ormai non sembra essere la scuderia di riferimento solo quando si tratta di scendere in pista.