È trascorso un anno, un lunghissimo anno dal giorno in cui la vita di Michael Schumacher e della sua famiglia è cambiata. Un brutto sogno dal quale non c’è stato, almeno per ora, il vero risveglio. Era il 29 dicembre 2013, primo pomeriggio, quando le prime agenzie di stampa riportavano che il sette volte campione del mondo di Formula 1 era rimasto vittima di un incidente sugli sci a Meribel, niente di grave. Bastarono poche ore per iniziare ad osservare la situazione in maniera differente: a differenza di quanto era stato affermato in precedenza, Michael Schumacher aveva accusato un brutto incidente tanto da finire in coma. Da quel giorno si sono susseguiti rumors, inchieste, speranze, smentite, preghiere. I tifosi si sono stretti attorno al tedesco e alla sua famiglia per i successivi 12 mesi, e lo sono ancora.
Per Michael Schumacher è stato un anno durissimo, anche se non vissuto come ci potremmo immaginare: due interventi chirurgici al cervello, un coma durato sei mesi, presso l’Ospedale Universitario di Grenoble, il trasferimento a Losanna, il ritorno a casa, in Svizzera, nella tenuta Le Rèserve di Gland, una villa trasformata dalla moglie Corinna in una clinica, e poi una lenta riabilitazione che vede il tedesco seguito ventiquattro ore su ventiquattro da un’équipe di quindici specialisti guidati da professor Frackowiak. Se volessimo fare un paragone, la vita di Michael Schumacher è praticamente diventata un eterno e duro Gran Premio, lui ne ha vinti 91, questo è il 92esimo, quello che non ti aspetti: giro dopo giro rimonterà dal fondo della griglia di partenza fino alla testa della corsa. Entro giugno doveva svegliarsi dal coma farmacologico per non rimanere un vegetale, ce la fa. I momenti di veglia sono sempre più frequenti, riconosce la moglie e i figli Gina Maria e Mick jr e con gli occhi dà cenni di assenso. Alterna momenti in sedia a rotelle a quelli steso nel letto, non parla, non ha alcuna attività motoria, ha problemi di memoria ma la voglia di non mollare, quella alla quale Michael Schumacher ci ha abituato, resta quella di sempre, proprio esattamente come quando si trovava a sfrecciare a 300 all’ora al volante delle monoposto di Formula 1.
Sono poche e selezionatissime le persone che possono andare a far visita a Michael Schumacher, ancora meno quelle legate agli ambienti della Formula 1. Jean Todt e Luca Badoer sono le uniche persone del Circus alle quali Corinna apre i cancelli di Le Rèserve un paio di volte al mese. Amicizie vere, nate in pista e fuori, ai tempi della Ferrari. Il recupero è molto lento e sulle effettive condizioni del sette volte campione del mondo, come fin dagli albori di tutta questa complicata faccenda, vige il più stretto riserbo. L’unica cosa che i tifosi, da casa, possono fare è continuare a sperare, sognando di rivederlo sorridere, ancora, come sicuramente avrà fatto pochissimi attimo prima dell’impatto e di quell’ultima discesa sugli sci.