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Tutti a caccia dei segreti McLaren, nei siti e nei blog di tecnica sulla Formula 1! Sono ormai diversi mesi che i papaya dispongono di una vettura molto competitiva, ma è dall’inizio di quest’anno che la loro superiorità tecnica si è trasformata in un vero e proprio dominio. Cinque vittorie su sei gare testimoniano di una scuderia perfettamente padrona della vettura, in ogni condizione. Tracciato lento o veloce, limitante all’anteriore o al posteriore, con pista gommata o “verde”. In tutte le condizioni Piastri e Norris sono in vetta alla graduatoria dei tempi e soprattutto riescono a sfruttare la corretta finestra di temperatura delle gomme.
L’MCL39 è efficiente, certo. L’efficienza aerodinamica, ovvero la capacità di generare tanto carico aerodinamico a fronte di una bassa resistenza all’avanzamento, è sicuramento un requisito tecnico indispensabile per una macchina veloce. Dispone anche di un motore molto potente, il Mercedes, un vero gioiello della tecnica, forse il migliore del lotto. Ed è una vettura che meglio di altre riesce a rendere stabile la “piattaforma aerodinamica”. Cioè la posizione del fondo in relazione alla distanza dal suolo.
Ma non sarà certamente sfuggito che dove la vettura progettata da Rob Marshall svetta su tutte le concorrenti è nella gestione delle gomme. I capoclassifica forse non riescono a sfruttare a pieno le Pirelli nel giro singolo, ma alla domenica possono girare praticamente al massimo del ritmo per tutta la distanza di gara, senza avere mai problemi di surriscaldamento degli pneumatici. Lo si è visto soprattutto a Miami, su una pista fortemente limitante per il posteriore soprattutto nel settore centrale. Tutti attenti all’usura delle gomme posteriori, mentre Piastri procedeva a suon di giri veloci fino a distanziare di quaranta secondi la Mercedes di Russell. E senza preoccuparsi affatto della temperatura delle gomme.
E quindi si diffonde sempre più l’ipotesi che in McLaren abbiano trovato un modo per far lavorare gli pneumatici quasi costantemente nella loro finestra ottimale, con evidenti vantaggi.
Il problema del calore assorbito dalle gomme è sul tavolo di tutti gli ingegneri da diversi anni, almeno da quando la federazione ha chiesto a Pirelli di costuire pneumatici “imprevedibili”. Capaci cioè di variare fortemente le prestazioni e differenziare i rapporti di forza in pista se non sfruttati alla temperatura giusta. Conseguentemente il controllo della quantità di calore che passa dai dischi freno (che si scaldano fino a mille gradi durante le frenate più intense), ai mozzi, ai cerchi e infine alle gomme è diventata una sfida tecnica fondamentale nella progettazione dell’auto.
La comparsa dei mozzi pieni di fori, per far passare aria e quindi raffreddare la zona del cerchio, è stata forse la prima trovata tecnica che cercava di esplorare questo campo. Ma all’inizio del 2023 fu la Mclaren stessa ad iniziare il mondiale con condotti di raffreddamento dei freni molto “estremi”, nell’evidente tentativo di tenere sotto controllo gli scambi termici tra freni e gomme. Il risultato fece pensare ad un campo di indagine ancora molto acerbo (Piastri ventesimo e Norris diciassettesimo nel Gran Premio del Bahrein del 2023!)
In realtà la McLaren stava seminando per raccogliere nel giro di qualche gran premio. E l’attuale superiorità tecnica fa pensare che a Woking siano un bel po’ avanti rispetto alla concorrenza. Vediamo nel dettaglio quale sarebbe la tecnologia sfruttata per garantire il funzionamento (ma sarebbe meglio dire riscaldamento) ottimale delle coperture.
Tutti sappiamo che qualsiasi sostanza aumenta di temperatura se le si cede calore. In realtà quest’affermazione ammette un’eccezione che si chiama “cambiamento di fase”. Quando una sostanza cambia il suo stato (da solido a liquido, o da liquido a vapore e vicevera) in realtà il calore assorbito è utlizzato per il passaggio di fase, ma non per una variazione di temperatura. Cedendo calore ad un blocco di ghiaccio a zero gradi, infatti, non si ottiene ghiaccio più caldo, bensì ghiaccio che si trasforma in acqua a zero gradi.
Ma questo implica che ogni sostanza utilizzata in prossimità della temperatura a cui cambia fase diventa una specie di “spugna” di calore. E’ quindi capace di assorbire (o rilasciare) calore senza variare la sua temperatura!
A questo punto il trucco è svelato. Se si usano uno o più strati di materiale ad una temperatura in prossimità del cambiamento di fase, questi funzioneranno da “smorzatori” di temperatura. Ovvero terranno approssimativamente costante la loro temperatura anche se vicino ci sono altri materiali che si stanno scaldando.
Alla McLaren starebbero utilizzando proprio quest’idea per limitare le variazioni termiche della mescole a prescindere dalle condizioni di utilizzo. Con uno strato di “phase change material” tra mozzo e cerchio il calore ceduto dai freni non implicherebbe automaticamente un riscaldamento della gomma, perchè il calore sarebbe assorbito dal materiale interposto che diventerebbe liquido senza variare la sua temperatura.
Ecco quindi che la temperatura di funzionamento degli pneumatici diventerebbe molto più stabile, e la resistenza a fenomeni di usura o surriscaldamento molto maggiore. Che è una delle caratteristiche alla base della superiorità tecnica della McLaren sulle avversarie. Ovviamente a rendere il trucco ancora più efficace c’è la possibilità di usare sostanze diverse (che quindi cambiano di fase a temperatura diversa) in base alle caratteristiche della pista. Dove serve più riscaldamento delle gomme si usano sostanze che liquefano a temperatura superiore, e viceversa.
Che ci sia davvero questo alla base delle vittorie di Norris e Piastri? McLaren non lo ammetterà mai. E nemmeno gli avversari, che si ritrovano indietro di anni luce nell’astutissimo uso di questa tecnologia.