
Nel 1982, in vista dell’imminente GP d’Italia a Monza, Athos, gestore del ristorante “Il Cavallino”, proprio di fronte alla fabbrica della Rossa, risponde seccato alle telefonate
C’è Arnoux in pista che sta provando la 126C e il telefono squilla. Non per delle prenotazioni, ma per sapere se c’è appunto qualcuno che gira in pista a Fiorano. Seccato, il nostro risponde “Sta girando”, oppure “Non so, chiedete alla Ferrari”. La passione per la Rossa è al culmine, e sono passati pochi mesi dalla scomparsa di Gilles Villeneuve in Belgio. Chi scrive, è passato dal ristorante del “Cavallino” in un giorno di piena estate. Di quelli dove Maranello è deserta, il sole picchia e di macchine nemmeno l’ombra a Maranello.
Non solo in pista, ma anche nelle vie della passione, la Mecca degli aficionados. Impalcature, teloni, tutto cela il luogo sacro dove Enzo Ferrari aveva la sua saletta privata e dove arrivava a bordo della sua Lancia Thelma, magari per festeggiare una vittoria con pochi intimi, come dopo la gara in Australia del 1987. E dove quando aveva bisogno di convocare qualcuno, capitasse che lo facesse andare a prendere direttamente da Villeneuve, per star sicuri che sarebbe arrivato in fretta. Capitò con il compianto giornalista Nestore Morosini, che aveva scritto qualcosa che al Drake non era piaciuto.
ALL’ASTA I CIMELI
Il ristorante del Cavallino era momentaneamente trasferito poco più lontano, in un’area abitata da dove si possono ammirare le colline circostanti. Ma i cimeli restavano: una scultura del Cavallino, un motore Ferrari V12, pezzi di telaio, alettoni e tanto altro. Una parte intera, nel nuovo provvisorio alloggio, reca affissi dodici caschi di piloti che hanno vestito il rosso. Berger, Prost, Mansell, Alonso e Schumacher ovviamente… ma anche Massa e Irvine. La famiglia di Giuseppe Neri, che per 36 anni l’ha gestito, ha messo all’asta i cimeli. Il pezzo più pregiato? Quel motore V12, uno degli ultimi della casa di Maranello, valutato tra i 70 e gli 80 mila euro.
Ebbene, si cambia corso. Lo chef tristellato Massimo Bottura, già padrone dell’Osteria Francescana a Modena, ha realizzato un progetto di cui si discuteva addirittura ai tempi di Marchionne. Prenderà in gestione il locale, e ci sarà curiosità per vedere quali saranno le variazioni. Con un occhio ovviamente anche ai turisti, Covid permettendo: “Offriremo anche un grande servizio alle centinaia di migliaia di turisti stranieri che vengono a Maranello a visitare il museo Ferrari. Ma sia chiaro che il ristorante del Cavallino sarà aperto a tutti, a chi lavora in Ferrari e a tutti i coloro che vivono e amano il nostro territorio”.
COME SARA’ IL NUOVO “CAVALLINO”?
“Proporremo una cucina profondamente tradizionale senza però mai essere nostalgica: il mio sogno è vedere i dipendenti della casa automobilistica venire al Cavallino a festeggiare i giorni più importanti della loro vita” ha detto Bottura, stuzzicato su come sarà il menu. Cribbio, mica vorrete farci rinunciare a tortellini o brodo di cappone, eh? La conservazione della storia e della memoria, in un luogo così, è sacra.
I tifosi e tutti i frequentatori, si augurano che la ristrutturazione non sia troppo profonda. Che il menu sia accessibile anche nei prezzi, che non si trasformi in uno dei ritriti luoghi freddi e omologati, in cui si paga l’esperienza e non la genuinità del cibo e dell’atmosfera. Bottura dovrà fare i conti con la Ferrari, con la passione di migliaia di tifosi, con quel rosso che è l’essenza del marchio. Dura stravolgere tutto, in un luogo che ha pareti che racconterebbero mille aneddoti, se potessero parlare.

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