Il motore ibrido della Formula 1 – prima parte

Il motore ibrido della Formula 1

Alla scoperta del motore ibrido introdotto in Formula 1 nel 2014 e di tutto quello che c’è da sapere sui propulsori che equipaggiano le vetture della massima formula

Intorno al 2012 il “vento ecologico” entrò con spifferi sempre più intensi anche nelle stanze della federazione. Perché non spingere i costruttori di motori ad adottare soluzioni indirizzate verso il risparmio energetico e la diminuzione delle emissioni, seguendo e se possibile trainando il trend già tracciato dalla produzione di serie? Due semplici concetti, ma una vera e propria rivoluzione, filosofica ancora prima che tecnica.

Nel 2014 la nuova normativa entrò in vigore. Dopo sette anni è difficile dire se questa rivoluzione sia riuscita, tanto che si parla da tempo di nuove regole per i motori già nel 2024. Quel che è certo è che ci siamo ritrovati con Power Unit (già la parola “Engine” è diventata obsoleta) assai complesse, costose e con soluzioni che non vedremo mai sul motore ibrido delle auto stradali. E anche un po’ troppo silenziose, ma questo è un altro discorso.

COSA DICE IL REGOLAMENTO

Non potrebbe essere più chiaro, e più vincolante. I motori devono essere sovralimentati (cioè utilizzare il turbo), avere una cilindrata di 1600 cc frazionata su 6 cilindri con una V aperta di 90°. In più devono utilizzare sistemi di recupero dell’energia. Questa seconda parte del regolamento è quella che ha praticamente sparecchiato i tavoli dei progettisti.

Infatti, vincola a utilizzare la soluzione ibrida, che all’epoca era in via di introduzione anche sulle auto di serie e che pareva la più promettente, rispetto alle alternativetutto elettrico” o “idrogeno“. Da questo punto di vista la filosofia alla base del regolamento si può giudicare azzeccata. Invece la realizzazione pratica delle case costruttrici di motori  si è forse un po’ discostata da quanto si aspettava la federazione.

COS’E’ UN MOTORE IBRIDO

Un classico, e inefficiente, V10 aspiratoCome è facile immaginare un motore ibrido è un propulsore in cui al tradizionale motore a combustione interna si affianca un motore elettrico. I vantaggi che nascono da quest’affiancamento sono dovuti a due importanti concetti, non sempre noti al grande pubblico. Il primo è l’elevato rendimento del motore elettrico. Parlando in termini prettamente energetici (energia consumata dalla combustione ed energia prodotta per far muovere le ruote) il motore tradizionale è un vero disastro.

Il suo rendimento non supera infatti il 30-35 %, il che vuol dire che di tutta l’energia resa disponibile dal combustibile solo un terzo va alle ruote motrici. Veramente poco. Il resto va tutto in perdite dovute agli attriti interni, al raffreddamento e ai limiti di conversione dell’energia termica (inviolabili quanto il secondo principio della termodinamica). Un motore elettrico raggiunge invece rendimenti prossimi al 90%!

IL RECUPERO DELL’ENERGIA

Ma utilizzare un motore a rendimento molto più alto, come quello elettrico, semplicemente affiancandolo a quello termico, non basterebbe a giustificare l’efficacia della soluzione ibrida. Infatti per ottenere dal motore elettrico una quantità di energia apprezzabile (non un misero aiutino…) per una gara di un’ora e mezzo questo dovrebbe essere alimentato da batterie enormi. A meno che non le si vogliano ricaricare con entusiasmanti pit stop di una decina di minuti.

E’ qui che interviene il secondo e più importante concetto. E cioè che il motore elettrico può funzionare facilmente anche all’inverso, cioè come generatore. In altre parole quando le batterie alimentano il motore questo dà potenza alle ruote, mentre quando le ruote girano senza assorbire potenza, ovvero in fase di frenata, lo stesso dispositivo genera energia elettrica e ricarica le batterie. E’ questo il principio chiave che rende il motore elettrico un impareggiabile sistema per recuperare quell’energia (detta cinetica), che altrimenti andrebbe dispersa sotto forma di calore sviluppato tra pastiglie e dischi dei freni.

L’APPLICAZIONE DELLA SOLUZIONE IBRIDA IN FORMULA 1

Se i concetti di base finora espressi sono (più o meno) chiari, ben più complessa è stata l’applicazione pratica nei propulsori utilizzati sulle vetture. Intanto i moto-generatori (MGU, un acronimo divenuto familiare, volenti o nolenti) sono due, e non uno solo. Inoltre la gestione dell’energia durante tutta la durata di un Gran Premio è diventata un fattore strategico fondamentale, controllato da software che definire complicati è un eufemismo. Lo vedremo, analizzando i componenti del motore, nella seconda parte.

David Bianucci