I Leoni della CEA si raccontano: “Studio e innovazione continua. In pista per 12 ore”
I “leoni”: tutti li conoscono con questo soprannome. Dal 18 al 21 novembre va in scena a Monza l’ultimo round del Mondiale Rally 2021
Sulla pista che l’anno prossimo festeggerà i suoi 100 anni, oltre a macchine e piloti, sarà protagonista anche la CEA squadra corse. La responsabile Rossella Amadesi ci ha aperto il libro di storia relativo all’organizzazione anti incendio attiva sulle piste sin dal 1967.
Rossella, partiamo da un po’ dalla storia della CEA…
“Mio papà si è praticamente inventato il servizio anti incendio nel lontano 1967 quando l’allora presidente del Bologna, Luciano Conti, voleva rilanciare l’autodromo di Imola. Era amico di mio padre, e gli chiese se si poteva fare qualcosa per il servizio anti incendio perché di fatto il fuoco era ancora molto presente nella attività motoristica in generale. Secondo noi lo è anche oggi, perché ogni ingrediente per far scoppiare un incendio ci sono ancora (alte temperature, carburanti, innesti vari come le batterie). Iniziamo nel 1967 solo con degli estintori, poi mio padre fece diventare delle Maserati quattro porte dei reali pick-up, per riuscire a caricarci sopra tutti gli impianti anti incendio che allora erano ingombranti. E da lì la storia ha iniziato a svilupparsi, con l’arrivo anche della decarcerazione, ossia avere una serie di attrezzature per poter liberare il pilota o il navigatore se parliamo di Rally. Mio padre si è ritirato molto presto, la squadra l’ho ereditata in particolare io, ma mi aiuta soprattutto mia sorella e anche mio nipote si è appassionato a questo mestiere”
E con risultati più che soddisfacenti direi…
“Abbiamo aiutato piloti più o meno famosi di tutte le epoche, dagli anni Settanta ai giorni nostri. Siamo moderatamente soddisfatti di ciò che siamo riusciti a portare avanti. E nel frattempo abbiamo fatto tante altre cose… siamo l’unica squadra certificata per la prevenzione e l’intervento di decarcerazione nelle manifestazioni motoristiche”.
La CEA ha fatto scuola anche all’estero.
“Siamo andati in molti autodromi per trasferire competenze. Addirittura anche in India, seppur sia uscita dal circuito di F1 da diversi anni. Siamo andati a istruire le squadre locali che dovevano intervenire. Abbiamo ingrandito i mezzi, ora abbiamo cinquanta mezzi anti incendio disponibili, molti dotati di ganci di traino e verricelli”
Come avviene l’addestramento di chi vuole diventare volontario CEA? Sappiamo che non è tutto così semplice…
“Esatto. Il primo passo è un fine settimana completo di due giorni intensissimi, con teoria e prove pratiche. E effettivamente, pur avendo sempre colloqui preliminari, e non prendendo solo persone che hanno una grande esperienza anti incendio, se vediamo che la persona non ha le caratteristiche per proseguire, decidiamo di comune accordo di lasciare stare, come scriviamo sul sito. Altrimenti entrano in squadra, fanno un anno di affiancamento con altri “leoni” che abbiano almeno cinque anni di esperienza e che li possano affiancare, poi fanno un altro fine settimana full-immersion di consolidamento della stagione imparando a stare in pista, cosa molto importante, perché devi anche saperti muovere nell’ambito nel quale sei chiamato a intervenire. A quel punto si diventa leoni, ma non si può ancora gestire una postazione in autonomia per almeno altri tre anni. Tutto l’addestramento avviene a Savignano sul Rubicone, in un campo prove appositamente attrezzato. Si può anche replicare un fuoco vero, sempre quello, che non cambia a seconda degli agenti atmosferici, per poter addestrare i ragazzi a capire dove sbagliano e dove migliorarsi. I nostri volontari sono circa 150″.
Gli addetti CEA stanno fermi sempre nella stessa postazione assegnata?
“Non ci sono postazioni fisse, i leoni girano. Devono imparare a stare in diverse postazioni. Abbiamo procedure per la partenza, per i box, per chi sta in pista, per chi va ai rally. Poi, osserviamo le attitudini e vediamo chi è portato a stare in corsia box e chi meno. A seconda delle capacità qualcuno è più adatto a una postazione invece che a un’altra”.
In una giornata di gara, quanto tempo la CEA è impegnata sul circuito?
“Come minimo 12 ore. Se parliamo di un Gran Premio di Formula 1 anche 14 o 15. Siamo in autodromo tra le 7 e le 8, rispetto a venti o trenta anni fa il ritmo era diverso, oggi si finisce alle 19 o 19.30. Dodici ore piene di autodromo, senza contare i viaggi per raggiungere la pista. Per esempio, al GP d’Italia di quest’anno le nostre giornate iniziavano con le riunioni alle 4.45 del mattino e si finiva la giornata alle 18 o 18.30”.
Rossella Amadesi è gioco forza un’appassionata di motorsport, no?
“Sono una grande appassionata. Mio padre è stato un precursore: aveva capito prima di tutti che il motorsport era pericoloso, ben prima che fosse scritto sui famosi biglietti. Nel 1974 avevo 14 anni, e per 4 anni non sono potuta andare ai circuiti perché non ero maggiorenne. Io a 8 anni andavo in giro dietro ai guardrail di Imola per portare il caffé ai nostri uomini che non erano ancora definiti “leoni”. Per cui, crescendo in un ambiente così non si poteva che appassionarsi alle corse”
Prendo come punto di riferimento l’incidente di Berger a Imola nel 1989, quando la sua Ferrari andò a fuoco. Oggi credo siano cambiate molte cose anche per voi da allora, no?
“Quell’episodio fu uno dei più eclatanti. Ci si rese conto che si poteva fare molto di più. Per esempio cambiarono i serbatoi: prima erano laterali, poi li sistemarono dietro, proteggendo di più i piloti. I materiali hanno fatto passi da gigante, per esempio tutte ignifughe, caschi, guanti. Noi abbiamo messo a punto il primo casco all’inizio degli anni Novanta, perché prima i nostri erano caschi da motociclista. Non c’era un casco specifico per l’anti incendio”.
E poi arrivò il weekend del Gp di San Marino 1994.
“Il weekend di Imola ’94 fu terribile. Prima Barrichello, poi Ratzenberger e Senna la domenica. Ci fu una gomma tra il pubblico per uno scontro alla partenza, e dei feriti in tribuna. I leoni furono sottoposti a uno stress notevole: siamo stati dietro alle partenze per anni, solo recentemente, per questioni di regolamento, è stata tolta la vettura in partenza, una macchina pesante e con degli impianti su cui devi intervenire”.
C’è qualche innovazione recente o qualche novità che vorreste apportare nel vostro percorso?
“Studiamo in continuazione, e nel 2020 c’è stata una innovazione: abbiamo utilizzato un prodotto che spegne le batterie al litio. Ha assolutamente aiutato, dopo anni di studio. E’ un prodotto ecologico, fatto con la vermiculite mischiata ad acqua. C’è una ricerca e uno sviluppo continuo. Abbiamo sempre percorso i tempi: abbiamo vietato l’alcol ai nostri addetti quando fino a un certo periodo a Imola mettevano le bottiglie anche nel Santerno. Se fai questo mestiere di aiutare qualcuno, devi essere sempre una decina di anni avanti”.
Che rapporto c’è con la direzione gara?
“Michael Masi è il nostro responsabile in direzione gara, poi ci sono il direttore di gara dell’Autodromo, il servizio medico e il servizio anti incendio che ha un nostro direttore tecnico al loro fianco. Ma ti svelo un particolare: c’è una cosa che da un lato comprendiamo e dall’altro ci mette in difficoltà”.
Sono tutto orecchie…
“E cioè che prima di intervenire dobbiamo attendere l’ok della direzione gara. Tornando all’incidente di Berger, noi siamo riusciti a spegnere l’incendio in 14 secondi. Dopo l’incidente di Jules Bianchi, se non ricordo male, non entra più un uomo o un mezzo in pista, e da un lato è una sicurezza per i soccorritori, ma dall’altro lato anche grande rallentamento delle operazioni. A volte siamo preoccupati perché se sei lì e vedi un incendio, devi essere rapido a intervenire. Il problema è ciò che respira il pilota, le inalazioni, non tanto il suo abbigliamento. Dovremmo intervenire in 30 secondi, oggi in 30 secondi spesso non ci danno nemmeno l’ok. E’ anche vero che però un direttore di gara ha davanti circa 16-18 monitor, deve capire cosa è accade in generale, spostare l’attenzione su tutta la pista e il tempo si perde, così come anche l’intervento in pista e questo ci preoccupa un po’”.
E allora noi non possiamo sperare che anche questa piccola falla, venga tappata. Ciò che ha fatto la CEA negli anni, riconosciuto a livello globale, è qualcosa che dovrebbe rendere orgoglioso qualsiasi appassionato di Motorsport. Buon Rally, allora. Piloti, tranquilli: con i “leoni”, siete al sicuro.
Per tutte le informazioni: ceasquadracorse.it