Credits: AlphaTauri Web Site
Definire come sorprendente l’avvio di stagione di Pierre Gasly non sarebbe corretto. Il francese dell’Alpha Tauri dal suo ritorno a Faenza è una solida e concreta realtà. Dalla seconda gara stagionale ha sempre fatto punti, conquistando anche uno splendido podio a Baku.
Tuttavia nel 2019 la carriera di Gasly avrebbe potuto prendere una piega diversa e sicuramente negativa dopo sei mesi deludenti in Red Bull al fianco di Max Verstappen. Quella prima parte di stagione nettamente al di sotto delle aspettative aveva convinto Helmuth Marko e Christian Horner a retrocedere il giovane francese alla Toro Rosso (allora si chiamava così) premiando Alexander Albon.
Un evento del genere avrebbe potuto avere riscontri catastrofici per molti piloti. Basti vedere Daniil Kvyat, a cui toccò la stessa sorte di Pierre nel 2016, e che forse non si è mai ripreso del tutto. Gasly invece non si è abbattuto ma passo dopo passo ha letteralmente ricostruito una carriera. “La retrocessione non mi ha distrutto perché io non mi arrendo. Semmai, mi ha reso più forte”, ha dichiarato Gasly al quotidiano inglese The Guardian.
“Devi attraversare momenti difficili per migliorare e capire cosa puoi migliorare di te stesso. La vita può essere piuttosto dura e un po’ ingiusta, ma è così. È importante godersi ogni momento perché non sai quanti giorni o anni avrai, soprattutto con le persone a cui tieni”. Facile intuire che in questo inciso il riferimento fosse all’amico Antoine Hubert scomparso a Spa nel 2019 mentre gareggiava in Formula 2.
“Mi ha fatto capire che abbiamo molte cose imprevedibili, che non possiamo controllare. Sono una specie di maniaco del controllo. Voglio controllare tutto della mia vita, della mia macchina, delle mie prestazioni, ma ci sono cose esterne che lo rendono imprevedibile e questa è la bellezza della vita: non puoi sapere tutto quello che accadrà”.
Pierre ha poi spiegato come i piloti, come tutti gli atleti del resto, siano anche persone con dei sentimenti e delle emozioni e che alti e bassi siano normali nel corso di una carriera.
“A volte è importante capire che non siamo leoni in gabbia per le persone che vanno allo zoo”, ha aggiunto. “Ci siamo noi atleti e la persona dietro. Le persone fanno fatica a capire che anche noi proviamo emozioni, abbiamo anche i nostri alti e bassi.
“Non importa se hai successo o meno. La gente da fuori ti vede come un pilota e pensa che sia l’unica cosa che ti passa per la testa. Ma tu hai una vita personale, sentimenti ed emozioni”.