Credits: @lewishamilton (Instagram)
Alla vigilia del Gran Premio di Singapore, il 13° della stagione, veniva spontaneo domandarsi: il campionato è deciso, perché seguire ancora le gare di Formula 1?
Lewis Hamilton aveva 53 punti sull’inseguitore Nico Rosberg, 74 lunghezze da Sebastian Vettel, terzo. Trasmissioni TV e giornali sportivi faticavano a trovare argomenti su cui discutere, nemmeno il mercato piloti offriva scoop né scatenava le fantasie degli appassionati. Il passaggio dallo storico circuito di Monza alle strade di Singapore, con l’inizio del tour extra europeo, poi, sembrava decretare la fine del rapporto tra il grande pubblico e le gare del Circus 2015.
Qualcuno, tra i più esperti, ricordava però saggiamente come lo sport non sia una scienza esatta e se la parola italiana più vicina a sport è “gioco”, allora siamo dalle parti dell’imprevedibile, dove la sorte inevitabilmente conta, con buona pace di Enzo Ferrari, e dove a volte Davide può battere Golia. Gli ingredienti sono noti, ma al di là di formazioni, griglie o ranking cartacei, gli eventi sportivi presentano tante variabili, che mischiandosi tra loro, sprigionano risultati spesso impronosticabili.
Nel Motorsport in particolare le variabili sono infinite. In pista, piaccia o non piaccia, a condizionare i risultati non ci sono soltanto i piloti con il loro talento, ma anche le prestazioni e l’affidabilità dei mezzi meccanici, le gomme, le condizioni dell’asfalto e del meteo, e a volte ci si mette persino qualche invasore di pista!
Come gli eventi possano essere imprevedibili lo ha mostrato recentemente il motomondiale.
In un campionato aritmeticamente apertissimo, la MotoGP presentava dopo la fine d’agosto un trittico di gare considerate decisive per la corsa al titolo. I curvoni di Silverstone avrebbero dovuto favorire Jorge Lorenzo; Misano era il feudo di Valentino Rossi; i saliscendi di Aragon (domenica prossima) invece dovrebbero essere pane per Marc Marquez. Invece in Inghilterra si è celebrato sotto la pioggia un podio tutto italiano con Rossi vincente; in Romagna sempre la variabile meteorologica ha giocato a favore degli outsiders e del winner Marquez. E il Mondiale resta aperto.
Non si fa in tempo a dire che rispetto alla F.1 in MotoGP il pilota è ancora determinante, che arriva la gara di Singapore.
Già le qualifiche preannunciavano una corsa insolita: pole position di Vettel e soprattutto della Ferrari, che non partiva in testa da oltre tre anni. 5^ e 6^ le Mercedes, in preda a problemi misteriosi, forse dovuti alle nuove pressioni degli pneumatici o agli aggiornamenti dei motori.
Domenica il meteo è l’unica variabile a non essere impazzita, e tutte le certezze costruite sugli ultimi 12 GP crollano.
Sul podio salgono entrambi i piloti Ferrari, cosa che non capitava dal GP di Spagna 2013: primo Vettel, terzo Kimi Raikkonen. Daniel Ricciardo, spinto dal motore Renault, chiude secondo. Il Mondiale che a Monza sembrava chiudersi con il ritiro di Rosberg, a Singapore trova un insospettabile nuovo pretendente: Sebastian Vettel.
In realtà il tedesco è distaccato di 49 punti dal leader, praticamente due Gran Premi. Ma se ancora c’è chi considera Rosberg in gioco, Vettel, che dista da Nico 8 punti, non può che crederci, soprattutto fino a che le cause dei guai Mercedes restano ignote. Eppure Hamilton e Rosberg hanno vinto 10 delle 13 gare stagionali: un dato che tranquillizza la Mercedes, preoccupa la Ferrari, ma che lo sport può sempre ribaltare.
Altra sorpresa è quella di Max Verstappen. Il pilota della Toro Rosso, piombato in Formula 1 ancora minorenne all’inizio di questa stagione, nonostante le difficoltà dovute all’apprendistato, è l’unico che ultimamente diverte, con sorpassi azzardati.
A Singapore anche i più scettici sulla sua personalità, ritenuta fragile e ancora immatura, si sono dovuti ricredere.
Dopo una rimonta dall’ultimo posto dovuta a un guasto, Verstappen si è ritrovato per qualche giro di troppo chiuso a sandwich tra Sergio Perez e il compagno di scuderia Carlos Sainz. A Max viene chiesto via radio di cedere la posizione durante il penultimo giro al compagno, in modo tale che anche lui possa attaccare la Force India. Come un ragazzino impertinente, l’olandese si ribella e risponde forte e chiaro: “NO!”.
Anche se alcuni sostengono che con risposte come questa Max rischierebbe la cacciata da un top team, quell’ordine di scuderia dopo una gara come quella che stava facendo era effettivamente eccessivo. Il pilota qui ha contato, e molto.
Infine devono essere rivisti tanti giudizi negativi riguardanti il Singapore Street Circuit.
La corsa, in calendario dal 2008, causa il numero di curve, la lunghezza del circuito e la media sul giro piuttosto alta, rasenta il limite regolamentare delle due ore ogni anno: una fatica per i piloti, considerato anche l’alto tasso di umidità. La safety car è sempre protagonista da queste parti, e domenica scorsa è stata chiamata in pista due volte: la prima dopo il contatto tra Felipe Massa e Nico Hulkenberg, la seconda per via di un invasore di pista. Il tracciato quindi, col tempo, si è rivelato tosto e anche in qualifica inanellare un giro privo di errori è un’impresa.
Un invasore di pista durante il GP di Singapore. L’episodio senza gravi conseguenze ha costretto l’ingresso della Safety car
I fatti di Singapore, compreso il siparietto dell’invasore disperso per la pista, nonostante la drammaticità dell’evento, hanno messo a nudo l’essenza e il bello dello sport, ovvero la sua imprevedibilità, la capacità che ha di offrire un’opportunità anche a chi sulla carta sembra spacciato, la forza di scatenare sempre un turbine di giudizi che però variano dopo ogni round. Per questo è necessaria una certa dose di leggerezza nel vivere lo sport e nel commentarlo, sapendo che poi sono sempre le considerazioni più banali ad essere le più vere. Il campionato è aperto finché lo dice la matematica, “aspettiamo e vediamo” direbbe filosoficamente Kimi Raikkonen.
Domenica si torna già in pista, in concomitanza con il motomondiale, sulla pista di Suzuka. Lo scorso anno su quella pista lo schianto imponderabile quanto terribile di Jules Bianchi ci ha mostrato l’altra faccia dell’imprevedibilità dello sport, quella peggiore.