© Scuderia Ferrari Press Area
Alzi la mano chi, da piccolo quando guardava i Gran Premi alla TV, voleva diventare un pilota di Formula 1? Quasi tutti immagino: essere pagati per correre con una monoposto lanciata ad oltre 300 km/h, arrivare al successo, diventare famosi in tutto il mondo e viaggiare nelle più belle location del pianeta. Una vita perfetta, insomma.
Purtroppo, però, solo alcuni dei più grandi Campioni di sempre sono riusciti a fare di questa loro passione un vero e proprio lavoro: Michael Schumacher, Fernando Alonso, Lewis Hamilton, Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen sono solo alcuni dei pochi altri eletti che sono riusciti a coronare il proprio sogno, non senza mettere in conto tutti i sacrifici del caso.
Ma come è possibile diventare da zero un pilota di Formula 1? I fattori sono diversi, quindi andiamo ad analizzarli uno per uno.
TALENTO, MA NON SOLO: Il primo passo che tutti hanno dovuto affrontare per intraprendere la scalata al successo verso il Circus iridato è stato quello di fare una lunga gavetta, partendo dai kart fino alle formule “minori” come la Formula 3, la GP3, la GP2, la Formula 2 (poi diventata Formula 3000), la Indycar oppure i monomarca come le World Series by Renault. Alonso, per esempio, aveva solo tre anni quando iniziò a correre con i go-kart, mentre Raikkonen è stato uno dei pochissimi a sfruttare il proprio talento in modo da disputare la sua prima gara in Formula 1 a soli 22 anni, dopo aver gareggiato in F3 Europea e con sole 23 gare sulle spalle. Hamilton e Rosberg, invece, sono approdati nella massima serie solo dopo aver vinto in GP2.
Ma non basta esclusivamente il talento per emergere in questo mondo: è necessaria anche un po’ di fortuna, per esempio essere selezionati nel posto giusto al momento giusto dai talent scout che le scuderie ingaggiano per i loro programmi “Giovani Piloti”, appositamente creati per far crescere i nuovi talenti dell’automobilismo. Tra le varie scuderie che hanno adottato questo sistema, la Red Bull è in prima linea, a cui fa seguito la Renault e, in passato, anche la Toyota: reparti corse che hanno permesso di mettere in luce talenti come Robert Kubica, Scott Speed, Vitantonio Liuzzi e, non ultimo, Lewis Hamilton.
Il caso del tre volte Campione del Mondo britannico è lampante: fu adocchiato dalla McLaren fin dai tempi dei go-kart, per poi essere indirizzato in via preferenziale verso la Formula 1. Una scelta che poi ha pagato, visto che il primo Mondiale dell’inglese arrivò già nel 2008, uno dei più giovani a diventare un World Champion.
SOLDI… TANTI, TROPPI: Assieme a talento e fortuna, tuttavia, c’è un altro aspetto che con tutta probabilità conta ancora di più: il budget a disposizione. Gestire un team di Formula 1 non è affatto semplice, e ovviamente i piloti che portano in dote una grande quantità di denaro sono sempre preferiti rispetto a quelli “più poveri”. Michael Schumacher, per esempio, è stato finanziato da un imprenditore del suo paese dopo che vide in lui un vero e proprio talento quando gareggiava con il go-kart sul pistino di Kerpen. Kimi Raikkonen, invece, fu aiutato da un suo zio, mentre in tempi recenti Lance Stroll è stato aiutato fortemente da suo padre Lawrence, che gli ha praticamente pagato il sedile sulla Williams FW40.
BACKGROUND: Oltre ai già citati, ci sono anche altri fattori secondari che, però, possono fare la differenza: la nazionalità, per esempio. Alcuni team, infatti, prediligono piloti proveniente da una certa parte del mondo: la McLaren ama i finlandesi come Hakkinen, Raikkonen, Kovalainen e il recente acquisto Bottas, la BMW i tedeschi, le ex-scuderie Honda e Toyota i giapponesi. E i nostri italiani? A parte il periodo in cui la francese Renault aveva ingaggiato Giancarlo Fisichella e Jarno Trulli, oggi tutte le speranze sono affidate al terzo pilota della Ferrari, quell’Antonio Giovinazzi che ha gareggiato, invece, con la Sauber nei primi due round della stagione.
Essere un tester di grandi capacità, in aggiunta, può essere un ottimo incentivo per conquistare l’ambito volante di una monoposto di Formula 1: è capitato a Felipe Massa, assunto in Ferrari nel 2003 come collaudatore per poi essere promosso a pilota titolare nella Scuderia di Maranello dal 2006, non prima di aver svolto una lunga attività in pista e al simulatore.
Abbiamo parlato prima anche di essere nel posto giusto al momento giusto: l’esempio migliore è dato da Sebastian Vettel, che debuttò nel Circus iridato in sostituzione del titolare Robert Kubica che patì quel famoso incidente durante il GP del Canada. Il team BMW Sauber dell’epoca decise di rischiare affidandogli la loro monoposto per il successivo Gran Premio degli Stati Uniti, concluso in un’ottava posizione che permise alla scuderia svizzera di racimolare punti preziosi per il Mondiale. Un debutto assoluto, che convinse successivamente la Toro Rosso a proporgli un contratto e… bè, il resto è storia recente.
Questione padri famosi e amici: un altro fattore importante, ma non fondamentale. Piquet, Nakajima, Verstappen e Rosberg sono esempi di piloti che hanno sfruttato i geni di famiglia per farsi strada nella Formula 1. Ma non è andata sempre così: basti vedere i figli di Alain Prost e di Niki Lauda, che alla fine non sono riusciti a combinare nulla.
Infine, avere amici importanti nel Circus iridato può aiutare, soprattutto all’interno dei reparti corse: rapporti con i motoristi di Honda, Toyota e Ferrari hanno garantito un sedile in Jordan, Williams e Sauber rispettivamente a Takuma Sato, Kazuki Nakajima e Felipe Massa.
In conclusione, ambire a diventare un pilota di Formula 1 è molto difficile, ma certamente non impossibile: i vantaggi che si possono ottenere, inoltre, sono molteplici, primo tra tutti… i soldi che si possono guadagnare.
Al giorno d’oggi i piloti sono divisi in “paganti” e “pagati”: i primi finanziano la loro squadra per correre, mentre i secondi sono quelli che generano un introito nel loro reparto corse, e saranno anche quelli che possono diventare dei veri Campioni.
Qualche esempio? Lewis Hamilton ottenne un ingaggio di 600mila dollari al primo anno con la McLaren, un punto di partenza che fece ben presto a lievitare verso gli attuali 25 milioni di dollari a stagione. Per non parlare di Michael Schumacher, capace di mettere in cassaforte in tutta la sua carriera la bellezza di quasi mezzo miliardo di dollari.
Che ne dite, questo è un motivo sufficiente per diventare un pilota di Formula 1?