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Domenica 01 settembre 2024
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Formula 1, abitacoli chiusi: certi che siano veramente sicuri?

L’incidente che ha visto coinvolto Jules Bianchi sulla pista di Suzuka, in Giappone, ha prepotentemente riaperto il dibattito sulla possibilità di chiudere l’abitacolo delle vetture di Formula 1 attraverso l’uso di un cupolino per aumentare la sicurezza. Se ne era cominciato a parlare nel 2009, dopo il tremendo incidente che vide protagonista l’allora ferrarista Felipe Massa quando venne colpito da una molla sparata dalla Brawn di Rubens Barrichello che lo precedeva in pista, in Ungheria. La soluzione, respinta nel 2013 dai team, ha i suoi pro e contro. Se da un lato potrebbe aumentare la sicurezza dei piloti è anche vero che con un abitacolo chiuso risulterebbe impossibile riuscire a lasciare la vettura in meno di 5 secondi e soprattutto, in caso di pioggia, la visibilità risulterebbe ridotta a causa della condensa che potrebbe andarsi a creare al suo interno. Fin dall’inicidente di Ayrton Senna nel 1994, la Fia che da sempre ha tentato di migliorare la questione della sicurezza, un argomento sempre di attualità e che non si arresta mai.

Gli americani, per esempio lo scrivono su tutti i pass di accesso ai paddock, Motorsport is dangerous e hanno ragione. Nonostante i lavori per la salvaguardia del pilota, possono sempre andarsi a creare situazioni imprevedibili che mettono a rischio la vita di quest’ultimo. Credere che un cupolino possa salvare la vita del pilota, è sbagliato. Oltre alla questione della visibilità che abbiamo sollevato in precedenza, nel caso il cupolino andasse a distruggersi in un tremendo incidente, le schegge rischierebbero di entrare nell’abitacolo come lame e creare ancora più danni la pilota nel caso non ci fosse stata di protezione. Uno dei primi esponenti della Formula 1 che ha spinto i colleghi a ripensare attivamente all’idea di introdurre un cupolino sulle vetture è stata Claire Williams, vice team principal della scuderia omonima. La figlia di Sir Frank ha specificato come, nonostante l’estetica sia il DNA della Formula 1, il primo pensiero di tutti deve essere rivolto alla sicurezza. E l’idea di dotare le monoposto di un abitacolo chiuso era già stata ipotizzata nel’’ottobre del 2013, durante un meeting dello Strategy Group della F1 quando la stessa Federazione aveva mostrato un progetto alle scuderie, chiedendo a quest’ultime un supporto finanziario per poter continuare la fase di sperimentazione e costruzione, definita molto costosa. La risposta è stata unanime: assolutamente no.

La testa, il collo e le spalle del pilota, nonostante i grandi miglioramenti sul piano della sicurezza rimangono le parti più vulnerabili ed esposte a subire degli urti. Proprio nel 2012, Fernando Alonso, è stato protagonista di un terribile incidente a Spa, quando si vide decollare sopra la testa la monoposto di Romain Grosjean. Un impatto tremendo, soprattutto nel vedere le drammatiche immagini: sarebbero bastati 10 centimetri e lo spagnolo sarebbe morto sul colpo col collo tranciato.

Ma non c’è solo la possibilità del cupolino. A Le Mans hanno trovato la soluzione ottimale nell’inserire una Slow Zone che obbliga i piloti a procedere a velocità ridotta con i distacchi congelati in quel tratto di pista per tutti. Ma nel caso dello sfortunato Jules Bianchi, la cosa che si poteva fare nell’immediato e che non è stata fatta, era quella di fare uscire la safety car per l’uscita di Adrian Sutil.

Published by
Eleonora Ottonello