«Quella di Barcellona, fu una vittoria importante. Fu una sorta di spartiacque per me. Fino ad allora, non pensavo che sarei stato considerato uno su cui puntare per la vittoria finale, come invece potevano essere Senna o Mansell – ha dichiarato il campione del mondo del 1996 – Non avrei voluto che la scuderia decidesse di puntare su di me in seguito a quanto era successo quel 1° maggio, considerare la perdita di un compagno di squadra come un colpo di fortuna per la mia carriera, mi pare la maniera sbagliata di esprimere il concetto». Ha continuato: «Quando ho visto il film su Ayrton, per me è stato uno shock. Non è stato semplice guardare quegli eventi in terza persona dopo averli vissuti da vicino. Siamo cambiati così tanto, è difficile credere che tutto ciò fosse reale. L’intero fine settimana fu un drammatico crescendo, fino alla scomparsa di Ayrton».
Secondo il britannico, la morte del brasiliano ha fatto molto per la Formula 1 e per i piloti, soprattutto in termini di sicurezza: «Da quel giorno, la Formula 1 è maturata tanto ed è grazie a quel cambiamento che molte vite sono state salvate. Tutti, nell’ambiente, iniziarono a farsi delle domande sul perché eravamo lì a correre. Molti trovarono proprio nel fascino del pericolo la prima motivazione che li faceva salire in macchina. Io me ne dissocio completamente. Quanto successo a Imola, costrinse tutti ad una reale e profonda riflessione: occorreva ripensare questo sport, per renderlo più sicuro perché quello che stava accadendo non era giustificabile», ha concluso Hill.