Venerdì 30 agosto 2024
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Libere 2 – Ore 17:00 – Diretta su Sky Sport F1
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Sabato 31 agosto 2024
Libere 3 – Ore 12:30 – Diretta su Sky Sport F1
Qualifiche – Ore 16:00 – Diretta su Sky Sport F1
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Domenica 01 settembre 2024
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Charlie Hebdo è silenzio dalla Formula 1: la fragilità perde di fronte ai soldi islamici

Manifestazioni, divieti, condanne e inchieste aperte contro giornali che hanno ripubblicato le vignette del settimanale francese Charlie Hebdo. Algeria, Sudan, Tunisia, Giordania, Gerusalemme Est, Pakistan, Afghanistan, Turchia, Iran, Senegal ed Egitto sono solo alcune delle nazioni dove si sono registrate le maggiori manifestazioni di protesta. Mercoledì 7 gennaio 2015, ore 11.30 (Parigi). Sono trascorsi dieci giorni dall’attentato terroristico che ha sconvolto la la capitale francese, 260 ore che hanno diviso il mondo tra innocentisti e colpevolisti. In tutto questo vociare, personalmente, ci si aspettava di più dalla Formula 1 che ha preferito tacere.

Se non fosse stato per qualche sporadica presa di posizione di qualche pilota di Formula 1 non si è alzata una voce, nemmeno istituzionale da parte del Circus, nemmeno dalla Federazione Internazionale dell’Automobile che ha la sua sede a Place de la Concorde, nel centro di Parigi, guidata da un francese, Jean Todt. Qui non c’entra la politica, ma come al solito i soldi. Forse è inutile dirlo, non sarà mai ammesso, eppure questo silenzio mostra tutta la fragilità di una Formula 1 sempre più in mano a soldi islamici. Pensare allo sport che vive neutralmente i fatti economico/sociali che toccano da vicino le realtà della nostra attualità è utopistico. Dov’è finita la sensibilità? Dov’è finito il buon senso? Nell’era della Formula 1 dei Rolex e dello champagne il silenzio inspiegabile della Formula 1 ha fatto rumore, ma è stato effimero, è entrato e uscito da una porta secondaria. Vi siete stupiti? Non è necessario perché sono i numeri a parlare.

Attratti dal made in Italy e pronti a investire. È un interesse a due velocità quello degli emiri verso l’Italia tanto che nemmeno la Ferrari, nel corso degli anni, è rimasta immune al loro richiamo: Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi, attraverso la governativa Mubadala development, acquisì il 5% di Ferrari prima che la FIAT, nel 2010, esercitò, come previsto dagli accordi, l’opzione call sul 5% del Cavallino Rampante, fino a quel momento detenuto dalla società di Abu Dhabi.

Malesia, Bahrain, Abu Dhabi. Sono tre le location di Gran Premi in paesi in cui la religione islamica è prevalente rispetto ad altre minoranze. Ma più che il numero delle gare iridate, bisogna andare a spulciare i capitali islamici che contribuiscono a mandare avanti la Formula 1: se la McLaren Group Holding, gruppo del quale fa parte l’omonima scuderia britannica, è posseduta al 50% dalla società di investimenti Bahrain Mumtalakat Holding Company mentre per il 25% dall’imprenditore saudita Monsour Ojjeh, proprietario della Techniques d’Avant Garde (Tag) che nel 1985 acquistò l’azienda di orologi Heuer. Sullo stesso piano è anche la Mercedes che nel 2009 rilevò la Brawn GP per il 45,1% del suo totale mentre il 30% fu assorbito dall’Aabar Investments. Restando sempre in quel di Stoccarda, la Daimler AG, ad esempio, è detenuta per il 7,5% dall’emirato del Kuwait, per il 2,2% dalla Dubai International Capital ed è presente anche il fondo sovrano Aabar Investments di Abu Dhabi con una quota pari al 9,1% del capitale.

Published by
Eleonora Ottonello