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2 giugno 2017. In questa data il team Williams celebra i suoi 40 anni in Formula 1, durante i quali si è affermata come la terza scuderia per successi. Dal 1977 ad oggi la squadra britannica ha conseguito 16 titoli mondiali, 9 costruttori e 7 piloti in 663 gare, di cui 114 sono vittorie. Dal 2014 partecipa nella classe regina con la denominazione Williams Martini Racing in virtù del suo main sponsor, e nella gestione del team è subentrata Claire, la figlia di Sir Frank, il fondatore, dal quale tutto ebbe inizio.
L’avvicinamento al mondo dei motori da parte di Frank Williams avvenne grazie a un suo amico che, facendogli guidare una Jaguar XK150, generò in lui curiosità e interesse. Ciò lo spinse a perseguire una carriera nel motorsport come pilota e meccanico, per poi fondare nel 1966 la Frank Williams Racing Cars, che militò in Formula 2 e Formula 3 fino al 1969, quando passò di grado e arrivò in F1. Tuttavia a causa di gravi problemi finanziari Sir Frank non ebbe altra scelta e nel 1976 si trovò costretto a cedere la scuderia al magnate Walter Wolf, il quale acquisì il 60% dell’azienda. L’anno successivo, però, Sir Frank e l’ingegnere Patrick Head lasciarono la scuderia e, dopo aver acquistato un negozio abbandonato a Didcot, fondarono l’attuale scuderia: la Williams Grand Prix Engineering.
Il 1977 fu un’annata di assestamento, con Patric Nève come unico pilota al volante della Williams-March 761. Nel 1978, invece, le sponsorizzazioni saudite furono fondamentali per lo sviluppo della squadra con propulsore Ford e il genio creatore di Head ebbe finalmente la possibilità di esprimersi disegnando la sua prima Williams, il modello FW06. Alan Jones fece debuttare la monoposto, dapprima con scarsi risultati determinati da problemi di affidabilità. Dal terzo round il pilota australiano concluse a punti e a Watkins Glen terminò sul podio per la prima volta, stampando inoltre il giro veloce. Nel ’79 Head ridisegnò la vettura introducendo nelle sue creazioni lo sfruttamento dell’effetto suolo, applicato per la prima volta da Colin Chapman sulla Lotus. La novità non riguardava solamente le novità aerodinamiche e costruttive, ma anche la line-up. La Williams schierò infatti un secondo pilota, Clay Regazzoni, al fine di ottenere benefici dalla FOCA e nel corso della stagione conquistò 5 successi e la memorabile prima doppietta al GP Germania con Jones davanti.
Nel 1980 si aprì la stagione del dominio Williams, che vide Alan Jones vincente dopo una singolar tenzone con Nelson Piquet. Il suo compagno di squadra fu l’argentino Carlos Reutmann, vincitore del GP Monaco. La vettura era ancora la FW07, che prevalse sulla Ligier anche nel campionato costruttori e a Montreal portò Jones alla conquista del suo primo mondiale. Nel 1981 la Williams presentò una versione aggiornata della FW07, che prevalse ancora una volta a partire dalle prime due gare, in cui coronò due doppiette. Reutmann si impose da subito come candidato alla vittoria del Mondiale insieme allo sfidante Nelson Piquet su Brabham, che a fine stagione la spuntò. La clamorosa sconfitta di Reutmann avvenne all’ultima gara, a Las Vegas, dove Alan Jones beffò il compagno di squadra partito in pole e vinse la gara, togliendo ogni preoccupazione all’ormai iridato Piquet, a cui bastò un anonimo 5° posto per trionfare. Polemiche e animosità non mancarono, con le accuse di Reutmann nei confronti del team che avrebbe remato contro di lui lasciando libero Jones proprio nella fase decisiva del Mondiale.
Nelle ultime 3 gare del 1981, sebbene avesse vinto il campionato costruttori, la FW07 iniziò a soffrire a causa della vecchiezza del progetto. Ciò indusse Head a creare un’altra vettura per l”82, la FW08, guidata da Keke Rosberg, Reutmann e Daly. I piloti della stagione 1982 furono infatti tre poiché Reutmann malgrado la delusione per le dinamiche dell’anno precedente, volle disputare due gare per compiacere gli sponsor, per poi ritirarsi e cedere il sedile a Derek Daly. Il dominio proseguì, con il titolo di Rosberg vinto con un pizzico di fortuna, dato l’incidente grave che mise fuori gioco il leader del campionato Didier Pironi su Ferrari.
Nel 1983 i problemi di affidabilità afflissero la Williams, che riuscì a portare a casa un solo successo con il campione finlandese a Montecarlo. Da qui Frank Williams si dimostrò intenzionato a cambiare propulsori e giunse a un accordo con la Honda. La casa del nipponico Soichiro stava preparando un ritorno in F1 con un nuovo motore turbo, e Williams fu disposto a catalizzare tale impresa per il 1984. La prima annata con i motori Honda non regalò i successi sperati per colpa del telaio della FW09, ancora ancorato alle vecchie soluzioni in alluminio, soppiantate dalla fibra di carbonio, innovazione introdotta da Barnard in collaborazione con la McLaren. Nel 1984 Rosberg centrò un solo successo ed era affiancato da Laffite, al posto del quale nell”85 arrivò Nigel Mansell.
Anche la Williams si convertì al telaio in fibra di carbonio, soluzione vincente, come aveva dimostrato il titolo vinto dalla McLaren. L’inizio fu incerto, ma nel corso della stagione vennero collezionati 4 successi, equamente distribuiti tra i due piloti. Il 1986, invece, fu un anno di cambiamento e imprevisti. Sir Frank nel mese di marzo fu vittima di un grave incidente automobilistico a ritorno dall’aeroporto di Nizza e fu costretto permanentemente su una sedia a rotelle. Ciò gli impedì di stare vicino alla squadra nei circuiti per tutto l’anno e a rimetterci fu proprio la gestione sportiva interna. Con l’arrivo di Piquet al posto di Rosberg sarebbe stata necessaria una reattività notevole. Il brasiliano infatti firmò con la Williams con l’unico e il solo obiettivo di vincere, relegando quantomeno in apparenza il compagno Mansell nel ruolo di scudiero. Dopo la vittoria di Piquet in Brasile, ne approfittò Alain Prost, ma a sovvertire ogni previsione giunse Mansell, che balzò in vetta alla classifica inanellando quattro successi.
La scuderia di Grove si aggiudicò il mondiale costruttori con 9 vittorie, ma l’esito finale per quanto riguarda i piloti ebbe dell’incredibile. La danza altalenante tra i due piloti Williams, entrambi desiderosi di primeggiare, si concluse in Australia con il trionfo di Prost, inaspettato e insperato. La disfatta Williams fu clamorosa, con il titolo che scivolò dalle mani di Mansell a causa di problemi con le gomme quando tutto sembrava deciso. Nel 1987, invece, rientrò Sir Frank Williams e il dominio continuò, questa volta internamente al team. Piquet vinse il titolo, approfittando anche dell’incidente di Mansell a Suzuka, che portò il Leone inglese a saltare le ultime gare, alle quali prese parte l’italiano Patrese.
Nel 1988 le dinamiche interne si evolsero, con l’intenzione di Honda di lasciare la Williams in relazione alle perplessità dettate dalla presenza non assidua di Sir Frank e dalla sconfitta dell”86. Piquet inoltre firmò con la Lotus, e Patrese subentrò come titolare a fianco di Mansell, con il quale si instaurò un’ottima relazione professionale. La Honda prima di abbandonare la Williams trovò un sostituto, i motori aspirati Judd derivanti da un vecchio progetto risalente al periodo precedente il ritorno in F1. Tali V8 aspirati pagavano notevolmente in fatto di potenza rispetto ai turbo e, oltre al danno la beffa, non erano ottimali quanto ad affidabilità.
L”88 fu un anno di transizione, in cui Williams assicurò una partnership di lusso per gli anni successivi. La casa francese Renault subentrò nel 1989 a fronte di una nuova era. La combinazione Adrian Newey-Renault, con Head nella gestione sportiva, divenne la nuova formula magica per dominare negli anni successivi. Il 1989 vide Patrese e Boutsen nella line-up, alla guida della FW12C, ossia la vettura dell’anno precedente forgiata e adattata al motore Renault. La stagione terminò con il 2° posto nei costruttori, con vittorie di Boutsen e solidi risultati di Patrese. Nel 1990 l’accoppiata fu confermata, ma nonostante il successo di Patrese a San Marino e quello di Boutsen all’Hungaroring, la Williams non riuscì a oltrepassare il 4° posto nei costruttori a fine stagione, quando ci si stava già preparando per il ritorno di Mansell dopo uno stint in Ferrari.