Venerdì 30 agosto 2024
Libere 1 – Ore 13:30 – Diretta su Sky Sport F1
Libere 2 – Ore 17:00 – Diretta su Sky Sport F1
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Sabato 31 agosto 2024
Libere 3 – Ore 12:30 – Diretta su Sky Sport F1
Qualifiche – Ore 16:00 – Diretta su Sky Sport F1
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Domenica 01 settembre 2024
Gara – Ore 15:00 – Diretta esclusiva su Sky Sport F1
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Basta Formula 1: ora fermati!

Questo è il momento di riflettere. I piloti della nuova generazione per la prima volta si trovano a fare i conti con la paura della morte e con la fragilità umana. Erano vent’anni che, possiamo dire, non accadeva un incidente così grave e la Formula 1 ha mostrato tutti le falle che la compongono. La fragilità. Uno status, uno dei luoghi comuni di tutte le filosofie e di tutte le letterature, da Giobbe a Leopardi a Schopenhauer. La fragilità è essere solo apparenza, è egoismo, è avere dei limiti. C’è un ragazzo in fin di vita, in una stanza fredda d’ospedale, in un Paese che non è il suo. C’è una famiglia vicina a quel ragazzo, che spera, giorno dopo giorno, che prega. C’è un affetto mondiale che aleggia attorno a quell’ospedale. Il bello dei tifosi di Formula 1 è che, quando accadono tragedie, come quella andata in scena a Suzuka, non esistono più piloti e scuderie, tutti ci si stringe, come in un’unico abbraccio globale. Gli appassionati hanno deciso di unirsi, attorno a Jules Bianchi e alla sua famiglia.

Il 25enne di Nizza, a quasi una settimana dall’incubo di Suzuka, è ricoverato all’ospedale di Yokkaichi, ha subito un doppio intervento alla testa per curare le gravi lesioni riportate nello scontro che ha coinvolto la sua MR05 con una gru. Il pilota francese ha subito un danno assonale diffuso, tutto e niente per chi non mastica di medicina, un danno, per un certo senso irreversibile visto che non esiste una terapia specifica. Ora come ora non serve a nulla il J’accuse, serve solo a far ribollire il sangue. Il J’accuse non riporta indietro le lancette dell’orologio, non restituirà alla vita di pilota, un ragazzo di 25 anni che inseguiva il sogno di correre per la Ferrari e vincere, un giorno, il titolo di Campione del Mondo. La corda è stata tirata, troppo. Siamo al limite. Un segno? Forse il destino, esattamente vent’anni dopo Ayrton Senna. Anche all’epoca i fatti del Gran Premio di San Marino sono serviti come da lezione, una lezione che obbligatoriamente non deve finire nel dimenticatoio. Una lezione per tutto l’ambiente. Sono stati fatti molti passi in avanti, ci sono state migliorie, si è passati a un livello superiore. Le Formula 1 si sono fatte più sicure, basta pensare al tremendo incidente di Robert Kubica, in Canada, nel 2007. Qualche contusione, un grande spavento, una gara di stop e nulla più.

La Formula 1 è sbarcata a Sochi, dove domenica si correrà il Gran Premio di Russia, ma nessuno ha voglia di correre. Le espressioni dei piloti sembrano quelle dei soldati che tornano dalla guerra, soldati che hanno visto la morte in faccia e hanno mancato di un colpo l’incontro con l’uomo con la falce in mano. Avete presente quando ci viene detto che uno sguardo vale più di mille parole? Basta guardare i loro occhi, quelli di 21 uomini che ormai si vedono come dei survivors, quello che è successo a Jules, poteva capitare anche a uno di loro. Non sono più piloti, sono uomini, occhi persi nel vuoto, come se avessero loro rubato l’anima, come se gliela avessero strappata, la testa è da un’altra parte. Se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbero preferito non correre, ma dovendo farlo, correranno a testa alta, tutti, correranno in onore del loro amico, perché dire collega è riduttivo, del loro compagno di avventura, che in un letto d’ospedale lotta tra la vita e la morte. Nelle case, non è molto diverso: i ragazzi del post 1994 fanno i conti con una nuova situazione, una nuova condizione che fa chiedere, oggi più che mai, se il gioco vale veramente la candela, o se, come dicevamo all’inizio, bisogna fermarsi un attimo, raffreddare la testa, pensare: si, questo è il momento di riflettere! #ForzaJules

Published by
Eleonora Ottonello