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Nell’indifferenza abbastanza diffusa il primo giorno di prove libere ce lo siamo già messi alle spalle. Unica perla di giornata Sebastian Vettel che ci delizia con un team radio di auguri per il suo ingegnere di pista, Riccardo Adami. Dopo tutto, mi sembra che il leitmotiv di questo venerdì sintetizzi più che efficacemente il mondiale 2015, il quale ha avuto i suoi maggiori picchi di interesse proprio nei messaggi radio del campione tedesco anziché in pista. Ora, non ci resta che aspettare che le qualifiche passino e la gara di domenica finisca abbastanza in fretta, per chiudere finalmente il sipario su questo strazio.
Come avrete capito dalla breve premessa, personalmente mi accingo ad assistere all’ultimo gran premio della stagione con la stessa rassegnazione (ma anche entusiasmo) con cui, purtroppo, Button e Alonso per quasi tutta la stagione si sono calati all’interno della loro McLaren-Honda. Ed anche qui, credo (spero!), di essere riuscito a metaforizzarvi bene quelle che sono le mie aspettative per la gara di domenica : poche o nulle. Innanzitutto, mi preme sottolineare come questo sentimento sia, in primo luogo, suscitato dal circuito di Abu Dhabi : un vero scempio fatto d’asfalto e sabbia riportata dal deserto, secondo solo a Sochi per orrore. Sono solitamente abbastanza equilibrato, ma per il circuito di Yas Marina mi permetto di osare nello sbilanciarmi : due rettilinei lunghissimi con carreggiate in stile autostrade americane, consecutivi tra loro, dove proprio ciò determina che il secondo spesso annulli il Drs-scambio-di-posizione (perdonatemi, chiamarlo sorpasso è un’offesa a questo sport) effettuato nel primo, ed un settore finale caratterizzato da una inutile ripetizione di curve a 90 gradi (dopo anni di tilkodromi ho capito che questo numero è rappresentativo della fregatura sorbita da noi spettatori), dove l’unica emozione può scaturire da un contatto tra la monoposto e le barriere, come Webber ben sa e i tifosi Ferrari ben ricordano. Insomma, niente a che vedere con la trepidazione e l’attesa con cui vivo i giorni che precedono i gran premi storici o caratterizzati da tracciati stupendi : Melbourne, Montreal, Monaco, Silverstone (ahia, Tilke ci ha messo lo zampino anche qui), Spa, Monza, Suzuka, Interlagos. Immagino che questo sentimento sia comune e condiviso anche da molti di voi.
In secondo luogo, ci pensano i valori in campo (cioè in pista) delle monoposto a determinare questa personale sensazione di disinteresse. Troppo grande il gap tra Ferrari e Mercedes per sperare che la rossa se la possa veramente giocare in gara, non resta, quindi, che appigliarsi ad una possibile lotta tra i due piloti della casa della stella a tre punte. Peccato il punto dolente arrivi proprio qui, il duello tra Hamilton e Rosberg è mancato per tutta la stagione, per l’esattezza non si hanno più notizie da Spa 2014 di una vera sfida in pista tra i due. Non me ne vogliate cari tifosi di Hamilton, ma la sensazione che in Mercedes impongano ordini di scuderia (o momentanee predilezioni) continuo ad averla. Ed a beneficiarne sarebbe proprio Lewis, alfiere numero uno del team quando si tratta di conquistare il titolo piloti, destinato successivamente a cedere il proprio ruolo a Nico quando quest’ultimo deve difendere il secondo posto in classifica da un arrembante Vettel. Un’impressione che ho avuto sia in Messico che in Brasile, testimoniata anche dai mal di pancia di Hamilton, conscio di dover fare in quelle occasioni da comprimario a Rosberg causa ordini dall’alto. In fondo, trovo un po’ stancante dover credere che i due da oltre 25 gran premi non riescano mai veramente a trovarsi ruota contro ruota tra loro. Dopo tutto anche le strategie imposte in gara (pit-stop ad entrambi i piloti intervallati di un giro) dalla Mercedes contribuiscono a mortificare il tutto : già risulta difficile sorpassare a detta dei piloti, figuriamoci quando si ha la stessa monoposto e la stessa strategia di gara. Perlomeno consentire ai piloti di differenziare la strategia rispetto al compagno potrebbe portare a qualche fattore di novità o di incertezza, ma dal punto di vista del team il problema risiede proprio in quest’ultimo fattore : l’incertezza di portare a casa il risultato pieno.
Non per ultima ci pensa la Fia ad incrementare il supplizio. Una federazione ormai sempre più assente e che continua nel suo lento processo di cessione ai grandi costruttori di una parte del potere decisionale. Dopo la gara di Melbourne un sussulto, viene chiesto ai team di fare chiarezza circa il posizionamento del tanto odiato flussometro : si teme, infatti, che qualcuno riesca ad aggirarlo accumulando in determinate fasi della gara benzina a valle del debimetro, così da avere un surplus di carburante (e quindi potenza) da usare nel momento del bisogno. Bizzarro come questa richiesta sia stata avanzata dalla federazione solo un anno dopo l’introduzione del flussometro stesso e quando un concorrente (la Ferrari) aveva dato segno di poter impensierire la Mercedes. A Barcellona ennesimo capitolo, la Fia impone che la pressione della pompa-benzina risulti costante dai 9400 giri in su, abbassando il precedente tetto che era posto a 10.500 giri. Non si deve trascurare il fatto che nuove regole non possano essere introdotte a campionato in corso, unica eccezione quando la legiferazione è resa necessaria da gravi motivi di sicurezza. Peccato non fosse questo il caso. A pagarne le conseguenze ancora una volta è il team di Maranello, che rispetto al precedente gran premio in Bahrein vede raddoppiare il proprio gap dalla vetta. Passa l’estate ed il caos gomme di Spa obbliga la Pirelli ad imporre ai team il rispetto di severi criteri di utilizzo dei pneumatici. A Monza i primi controlli : la Mercedes viene trovata fuori dal limite minimo di pressione di gonfiaggio del pneumatico posteriore sinistro. Peccato (quanti peccati in questo mondiale) la Fia non abbia imposto una regola scritta circa il rispetto di tali dettami e si ritrovi, quindi, priva del mezzo legislativo per punire la trasgressione. Infine, alla vigilia del weekend di Abu Dhabi l’ennesima sorpresa : le power unit di Hamilton usata ad Austin e quella di Vettel usata a Singapore saranno smontate ed analizzate dai delegati tecnici della federazione per controllare che non siano state fatte modifiche a parti al di fuori di quelle contemplate dall’utilizzo dei “gettoni”. Ennesimo ritardo dei controllori, che si svegliano a fare il loro lavoro solo a giochi fatti e quando (casualmente!) Mercedes e Ferrari si oppongono all’introduzione di un motore “low-cost” per i team piccoli, una proposta fortemente caldeggiata e voluta dalla Fia stessa.
Certo, in tutto questo strazio non bisogna dimenticare che la stagione 2015 ci ha regalato anche due emozionanti e spettacolari gran premi : l’Hungaroring ed Austin. Vorrei, però, farvi notare come essi rappresentino delle eccezioni, e non la regola purtroppo, e di come siano scaturiti da contesti particolari : safety car in pista e condizioni climatiche mutevoli. Insomma, lo spettacolo si è avuto solo quando dei fattori esterni sono fortemente intervenuti per modificare i valori in pista derivanti dall’attuale regolamento. I 19 gran premi annui offerti dal circus sono risultati alla lunga una vera e propria “mattonata” a causa della totale assenza di rimescolamento o cambiamento degli equilibri di forza tra le varie scuderie. Già prima della gara è facile pronosticare quali scuderie andranno a podio e quali occuperanno le prime otto posizioni. Fanno eccezione le ultime due posizioni utili per i punti, giusto per permettere a certi personaggi di affermare che, in realtà, lo spettacolo e i sorpassi ci sono, ma noi tifosi siamo troppo lamentosi per apprezzarlo. In fondo, come si fa ad essere così ottusi da non apprezzare il Drs, i sorpassi ai box o delle battaglie esclusivamente per il dodicesimo posto? Stolti noi che ci illudiamo che i sorpassi tocchi farli ai piloti, e non ai meccanici ai box, o che non capiamo che qualche sorpasso nelle retrovie possa compensare (anzi cancellare) la totale mancanza di competizione per le prime sei posizioni, già decise dalle qualifiche.
Questa attuale Formula 1 non concede spazio alla regola base dello sport : il continuo miglioramento delle prestazioni ed il cambiamento delle forze in campo. E’ tutto bloccato in una palude di complessità regolamentari dal costo folle, dove chi ha un vantaggio a febbraio se lo porta avanti fino a novembre, e chi ha commesso un errore durante l’inverno ne pagherà le conseguenze fino a quello successivo, nonostante budget milionari. E, quindi, che lo strazio abbia fine e che la pausa invernale ci restituisca il desiderio e la speranza (o illusione?) di vedere un mondiale 2016 migliore di quest’ultimo (Verstappen salvaci tu!).